Fabio e Pierangelo

BASILE E GAROZZO, OSIAMO CON I GIOVANI

Alzi la mano chi aveva previsto un avvio cosi. Ieri, dopo l’oro di Niccolò Campriani, l’Italia brillava al secondo posto del medagliere tra Stati Uniti e Cina. Non facciamoci illusioni, non è quello il nostro posto. Noi avremo già compiuto un miracolo se riusciremo a stare a fine Olimpiade tra le top 10. Godiamoci però i successi di questi giorni che si prestano a una riflessione. Accanto a pilastri come Niccolò Campriani e Tania Cagnotto (argento nei tuffi sincro con Francesca Dallapè) stanno crescendo giovani che assicurano il ricambio generazionale e ci dicono che stiamo lavorando bene per Tokyo 2020 e, magari, Roma 2024.Che si trattasse di una Nazionale olimpica di frontiera lo avevamo capito leggendo i nomi e guardando le foto dei qualificati. Tanti, tantissimi volti nuovi accanto a senatori, che nell’epoca recente non erano mai stati così pochi, al punto che a Rio c’erano soltanto tre bi-olimpionici: Cassarà, Di Francisca e Galiazzo. Ora nel club entra anche Campriani.I giovani che ci hanno sorpreso sono soprattutto Fabio Basile, 21 anni, piemontese della Val di Susa, e Daniele Garozzo, 24 anni, siciliano di Acireale. Garozzo era il meno pronosticato dei fiorettisti azzurri. Tecnici, critici ed esperti in genere del mondo scherma puntavano sull’esperienza e la statura internazionale di Cassarà e Avola. Daniele ha avuto meno pressione, non ha guardato in faccia a nessuno e non gli sono tremate le gambe nemmeno quando Massialas, numero uno del ranking mondiale, sembrava avviato verso la stessa disarmante rimonta costata cara ad Avola. Fabio Basile ha conquistato l’oro numero 200 della storia azzurra in modo altrettanto sorprendente. Ha demolito titubanze e avversari con una tattica spavalda e rischiosa. Fedele al suo soprannome «Pitbull», è andato sempre all’attacco chiudendo la pratica in finale col coreano An Bal in meno di un minuto e mezzo. Basile è uno dei quei «cuccioli» che la federazione judo aveva radunato al centro tecnico di Ostia con l’intenzione di «costruire» gli azzurri degli Anni 20, da Tokyo in poi. Ma il talento non è una scatola di sardine con le date di confezionamento e di scadenza. Il talento esplode quando vuole, senza preavviso. E così Basile si è conquistato la qualificazione olimpica prima del previsto e ha vinto l’oro sorprendendo il mondo. I giovani possono azzardare, sanno spolverare sul talento un pizzico di incoscienza che permette loro di andare oltre le logiche preordinate.Dai Giochi di Rio, dai successi di questi fuoriclasse cresciuti in fretta, arriva un messaggio per tutti, anche per quegli allenatori di calcio che impiegano i giovani col contagocce e alla prima difficoltà li rimettono nella culla. Il coraggio di osare è la lezione di Fabio e Daniele, due ragazzi d’oro.
L’Analisi di Pier Bergonzi, La Gazzetta dello Sport 9 agosto 2016

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