Niente gigantismi per salvare i Giochi

In fondo il primo a dirlo, con molta schiettezza, è stato proprio il presidente del Cio, Thomas Bach: «Lo scetticismo di istituzioni, governi e organizzazioni sportive in un numero crescente di Paesi rende sempre più difficile attirare candidature per le Olimpiadi. I movimenti popolari, soprattutto in Europa, sono sempre più influenti. Noi del Cio non possiamo ignorare che il mondo sta cambiando». Niente di più scontato, quindi, che la sessione straordinaria del Cio di martedì abbia approvato all’unanimità la possibilità di assegnare in contemporanea due Olimpiadi estive nella sessione del Cio del 15 settembre a Lima in base all’accordo che lo stesso Cio dovrà fare nei prossimi due mesi con Parigi e Los Angeles per il 2024 e il 2028. È vero che c’è sempre la possibilità di una rottura, per cui a Lima si provvederà al tradizionale ballottaggio per il 2024, ma è ormai certo che sarà Los Angeles ad accodarsi diluendo l’investimento economico in 11 anni (anziché i tradizionali 7).Ma al di là della nuova tabella di marcia il vero nodo della questione è un altro: fino a che punto interessano ancora i Giochi Olimpici e quanto saranno disposti a investire i singoli Paesi per averli? La rinuncia di Budapest, Roma e Amburgo per il 2024 dimostra che quella di candidarsi ai Giochi non è più una scelta popolare come un tempo e che, nel caso venga sottoposta ad approvazione come in Ungheria e Germania (ma anche a Boston), è alta la possibilità che venga bocciata. In fondo Parigi e Los Angeles restano le uniche due città disposte a investire veramente da qui al 2028 e questo dimostra che fra ritorni commerciali e costi ci sia il rischio di una forte sperequazione (senza contare, però, i vantaggi di urbanizzazione come a Londra e Rio). Il vero problema è che di fronte allo «scetticismo popolare», pubblicamente ammesso da Bach, il Cio non ha rinunciato alla sua mania di gigantismo, anzi l’ha esasperata come avviene in certi centri commerciali in crisi dove alla mancanza di richiesta si risponde con l’aumento dell’offerta: che senso ha aumentare medaglie e discipline quando scade l’interesse per quello che è già «esposto»? Non c’è dubbio che la strada migliore sarebbe un ridimensionamento: in fondo, il 2 settembre si celebrano 80 anni dalla morte di De Coubertin… Anche la scelta di ridurre il processo temporale delle candidature, che partirà proprio nel 2019 a Milano per l’Olimpiade invernale del 2026 che viene dopo due edizioni asiatiche, sembra servire a ben poco come dimostra la rinuncia della pur ricca Stoccolma. Non per niente il nuovo orientamento del Cio per il futuro è di scegliere direttamente la candidata e accompagnarla in un processo di co-organizzazione: nessuno desidera la morte dei Giochi, bisogna trovare soluzioni più incisive.
L’analisi è di Fausto Narducci, su La Gazzetta dello Sport di giovedì 13 luglio 2017

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