Budapest, 26 agosto 2017. Se la conferma di Marius Vizer alla presidenza dell’International Judo Federation era scontata, è giunto inatteso invece il riconoscimento ad Elisabetta Fratini. Andiamo con ordine. Nessuno ha pensato di contrastare Vizer nel Congresso che si è tenuto ieri a Budapest, ma la convinta unanimità ottenuta ben racconta l’efficacia e l’opportunità del lavoro svolto. La sua riforma infatti, ha promosso e diffuso il judo nel mondo in modo attento, capillare, intelligente e ha determinato una crescita planetaria di praticanti e di ‘audience’. Lo testimoniano i dati ufficiali registrati alle Olimpiadi a Londra e Rio, ma anche la partnership con la CNN annunciata proprio ieri. Fra le tante, una delle intuizioni che hanno caratterizzato l’azione vincente di Vizer è stata quella di avvalersi di uno staff articolato e di qualità, nel quale ha guadagnato una posizione di rilievo la friulana di Spilimbergo Elisabetta Fratini. A dieci anni dalla sua prima elezione (Rio 2007), in occasione del congresso a Budapest di ieri, Marius Vizer ha voluto dire ‘grazie’ a modo suo a due persone in particolare, Larisa Kiss, direttore dell’ufficio di presidenza IJF ed Elisabetta Fratini, per il lavoro nell’IT Team..
Complimenti Elisabetta, ma in che cosa consiste il tuo lavoro?
“Nel saper lavorare in squadra! Se dovessi spiegare esattamente che cosa faccio farei fatica a descriverlo, si tratta di avere il controllo d’insieme di un processo che, come risultato, porta alla gara così come la vedete oggi ai massimi livelli. Soprattutto, si tratta di un ‘work in progress’, un percorso costruito mettendo insieme competenze, intuizioni, progetti, senza credere mai di essere arrivati. È una costante ricerca di migliorare il servizio di gestione della gara, ma non solo quella”.
Aspettavi un riconoscimento così specifico, personalizzato, in un contesto come il Congresso?
“Non me l’aspettavo proprio! Pensa che me ne sono accorta, ed è stato uno colpo al cuore, il giorno prima, mentre eravamo indaffarati a preparare tutto per il congresso, il programma, le slide, le scritte. Quando, ad un certo punto, mi è capitato di controllare una slide in cui c’era scritto: “awarded a distinction to Ms. Elisabetta Fratini of the IJF IT team”.
Cosa hai provato e, se l’hai fatto, a chi hai pensato?
“Certo, c’è l’orgoglio, la soddisfazione di sentirsi riconosciuti per quel che si fa, ma c’è e ci sarà sempre anche la consapevolezza che in questo riconoscimento c’è tutta una storia, non solo mia. È una storia che parte da lontano, di competenze messe a disposizione e di un lavoro di tanti, iniziato in altri tempi a Spilimbergo, in Friuli Venezia Giulia, in Italia. Poi Franco (Capelletti, ndr) mi ha aperto le porte dell’EJU da dove, ad un certo punto, mi hanno proposto di passare all’IJF. Lui mi ha sempre ripetuto che è stato ‘contento di avermi scelta, ma anche di avermi poi lasciata andare’. C’è stato anche il momento in cui ho dovuto scegliere professionalmente. Ho corso il rischio, lasciai il lavoro e mi dedicai a tempo pieno all’IJF. Ero socia in un’azienda di traduzioni, interpretariato e formazione linguistica”.
Elisabetta ha ‘saputo lavorare in squadra’ alle Olimpiadi a Londra ed a Rio, al congresso a Budapest ha ricevuto un riconoscimento di fronte ai presidenti delle oltre 200 federazioni di judo del mondo. Elisabetta ha saputo fare delle scelte “non solo mie”.
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