Roba da fotofinish. L’Olimpiade «ragazzina» del Coni finisce così. Dopo due giorni e una montagna di gare, è la Lombardia a trionfare sul Lazio. Ma non ha vinto solo chi ha vinto in classifica. Perché il viaggio nelle Marche di Valentino Rossi, di Gianmarco Tamberi, delle fiorettiste d’oro di Jesi, è stata un’esperienza che i 3100 ragazzi di Senigallia si porteranno dietro a lungo. Qualcuno, chissà, molto lontano: i più grandi possono sognare Parigi 2024, i più giovani Los Angeles 2028. Ieri hanno fatto festa tutti, dicendo in bocca al lupo nella cerimonia di chiusura a Valentina Marchei, che i suoi Giochi li vivrà pattinando sul ghiaccio a PyeongChang, fra pochissimo, nel 2018.
CASA TAMBERI Si è gareggiato in 12 comuni delle Marche. Anche ad Ancona, casa Tamberi. Dove vicino alla pista c’è quel Palaindoor che la Fidal gestisce in prima persona: «Aprendo le porte anche ad altri sport», ci spiega Jury Bogogna, segretario della Fidal Marche. «Un esempio virtuoso. Noi garantiamo un contributo (47.500 euro l’anno, secondo l’ultima convenzione, ndr), ma l’attività, i campionati portano un indotto importante per la città», spiega la sindaca Valeria Mancinelli.
TELEFONINI E LANCI Quattordici anni. È l’età più difficile» per Luciano Camilletti, il vicepresidente regionale. «Forse pure prima, fra la scuola elementare e la media», aggiunge Sandro Antonini, delegato Fidal di Macerata. «Il momento anagrafico in cui l’atletica soffre di più. Più distrazioni, meno motivazioni». E i ragazzi che ne pensano? Sugli spalti c’è uno spicchio di Veneto. Scusate, ma è vero che siate una generazione solo smartphone e videogiochi? «Un po’ è vero, oggi il cellulare lo prendi da ragazzino…», dice Giada, specialista delle prove multiple, di Belluno. «Io veramente non ce l’ho…», dice Miriam di Rovigo. Joel viene da Verona e spiega che c’è un momento difficile da superare quando fai sport: «Cominci e ti senti scarso, ti dici: faccio pena. Devi reagire e prendere fiducia». Luca, invece, viene da Oristano, lancia il vortex per la Sardegna: «Futuro giavellottista? Chissà. Prima pure io ero inchiodato a casa a giocare al computer: da un paio d’anni non è più così, merito degli amici e anche dell’atletica. Di questo sport mi piace una cosa: è una disciplina individuale, ma c’è tanta scelta». Marco Vitale, tecnico di Reggio Calabria, ci indica suo figlio in pista: «Si chiama Alessandro, avrà visto il film della tv su Pietro Mennea almeno sette volte. Per noi , però, è dura: ogni trasferta è lunghissima. Abbiamo bisogno di piste decenti. In Calabria, si può gareggiare solo a Siderno e a Cosenza». Pina Fornarelli e Vincenzo Angeli accompagnano la delegazione pugliese: «Noi abbiamo un problema: la scuola. L’attività sportiva dei ragazzi è spesso scoraggiata, vista con fastidio».
MISTO È BELLO Tornando a Senigallia, incontriamo una processione di felpe bianche, il simbolo del trofeo Kinder+Sport. Il professore romano Marco Ferroni è soddisfatto: «Stiamo andando a piazza Garibaldi». Quale sport? «Pallapugno. Prepara per il tennis, per la pallavolo, e fa giocare tutti. È stata una scoperta». Ci vediamo. «Aspettate, un’altra cosa. Bella manifestazione, format riuscito: e insistiamo sulle squadre miste, maschi e femmine. A questa età sono un momento ideale, portiamole in tutti gli sport».
«Promozione e medaglie, il legame c’è»
Portare un bambino dal computer alla palestra o pensare soltanto alle medaglie? Giovanni Malagò questa domanda se la sente addosso tutti i giorni: «In Parlamento c’è chi dice che il Coni si deve occupare solo della prima cosa, poi ci sono altri signori che sostengono il contrario. Ma il Comitato olimpico italiano viene ritenuto il migliore al mondo». Anche per la sua presenza sul territorio. L’area di lavoro del Coni di cui è responsabile Cecilia D’Angelo, che ha organizzato il convegno di Senigallia su «la promozione sportiva giovanile sul territorio»: «Il nostro obiettivo? Non lasciare indietro nessuno, valorizzando il talento dei migliori per portarli magari a vincere qualche medaglia».
I NUMERI DI MORNATI Carlo Mornati, responsabile della preparazione olimpica, scatta una fotografia partenza/arrivo del sistema: «Il decremento demografico è il problema più grave, nel 1996 gli italiani dai 20 ai 34 anni erano 13 milioni e oggi sono 9… Abbiamo le armi ma non le cartucce, facciamo lo sport senza la scuola. Ci tiene a galla la nostra capacità di rigenerarci. Anche quest’anno siamo già a 23 medaglie mondiali vinte in gare olimpiche, e a livello juniores arriviamo a 33» (qualche ora dopo le sue parole, il ciclismo porta il totale a 35).
DONATI E LA MOLTEPLICITA’ Malagò si chiede anche: «In tanti sport siamo bravissimi fino a 17-18-19 anni, poi non si capisce bene cosa accada». Prova a rispondere Sandro Donati, allenatore di Alex Schwazer (e sempre in prima linea per dimostrare l’innocenza del marciatore), ricercatore e tecnico di grande esperienza, partendo dalla parola molteplicità. «La molteplicità dei presupposti della prestazione conduce a ricercare nel breve periodo miglioramenti agonistici più attenuati». Insomma, evitiamo di chiedere tutto e subito. Donati invita a cercare una «coerenza» fra prime esperienze e alto livello. Partendo dall’inizio: con la scomparsa dei giochi di movimento, i ragazzi arrivano allo sport meno pronti, meno coordinati, e «la tendenza agli infortuni è più marcata di prima». E a proposito di problemi: «Troppi tempi morti in allenamento. Servono più esercizi di gruppo e un allenatore che sappia mostrare molto e parlare poco».
IL TEST Claudio Gallozzi, dell’Istituto di Scienza e Medicina della Sport, ha presentato il nuovo test «funzionale in età evolutiva» dai 5 ai 18 anni. La raccolta dei dati è una prima risposta ai dati preoccupanti che in Europa (fonte Oms) parlano del 50 per cento di bambini di otto anni sovrappeso e di un 25 obeso. E qui c’è un’altra medaglia da cercare.
Valerio Piccioni (La Gazzetta Sportiva di domenica 24 settembre 2017)