Stati generali del Coni a Roma: foto allo sport italiano

Non solo Tavecchio, non solo calcio, non solo commissariamento sì o no. Il palazzo H del Foro Italico cede all’edificio della Federcalcio di via Allegri il ruolo di campo centrale della giornata. Ma gli Stati Generali sono un check up dello sport italiano. Si parla di medaglie e l’ufficio di preparazione olimpica snocciola dati (li leggete sotto in questa pagina): nonostante il flop degli sport di squadra, le nostre miniere d’oro funzionano.
CIFRE Ma non c’è solo il vertice della piramide. Il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, racconta dell’aumento della pratica sportiva, ma anche del suo carattere sempre più «destrutturato»: gente che nuota, corre o gioca da sola, senza allenatore, all’aria aperta. Un processo che deve fare sistema, racconta Nerio Alessandri dall’alto dei successi mondiali di Technogym: «Il 10% di malattie in meno significa un punto in più di pil. Insomma, star bene conviene». Il Cio è presente col d.g. Cristophe De Kepper, che parla di «sostenibilità» e «credibilità» dei Giochi. Cio che a fine anno lascerà per raggiunto limite di età Mario Pescante, che racconta l’importanza della «tregua olimpica» dichiarata dalle Nazioni Unite. Si chiude parlando di marketing e di campioni. In chiusura Diego Nepi illustra il percorso del Team Italia, la squadra olimpica azzurra e lancia una proposta: «Investire una parte di questi ricavi per rilanciare i Giochi della Gioventù».
TRE PUNTI Nella traduzione della giornata, tre punti chiave: Grande Riforma, scuola e azzurro, nel senso di Nazionali.

1) LA GRANDE RIFORMA

Un nuovo sistema. Ma prima serve trovare risorse

Malagò: «Il nostro mondo è pronto al cambiamento». Da dove i contributi?
Largo alla Grande Riforma. Non è che quest’espressione sia stata sempre popolare da queste parti, anzi per niente. Ora, però, troppe cose stanno cambiando perché il sistema sport resti così com’è. Il dibattito introdotto da Andrea Monti, il direttore della Gazzetta dello Sport, non scansa questo imperativo. Giovanni Malagò respinge l’accusa di un sistema autoreferenziale che si fa i complimenti da solo: «Mi sembra che il nostro mondo sia pronto ad accettare le riforme, non è vero che è ancorato a privilegi o a posizioni pregresse». Il problema è che dentro le federazioni tutta quest’aria nuova non c’è, per non parlare dei bilanci sofferenti, della collezione di ricorsi elettorali, di una democrazia spesso bloccata. In ogni caso, il presidente del Coni lancia la sfida: noi ci siamo, ma ricordiamoci che «è al Parlamento che spetta legiferare».

IL MINISTRO Anche il ministro dello sport, Luca Lotti, insiste sul tasto. «Coni-Governo-Federazione, ci sarà da ridiscutere i rapporti. Nessuno può tirarsi indietro». Lotti rivendica il pacchetto di misure della Legge di Bilancio — il fondo sport e periferie diventato «strutturale con i suoi 100 milioni, l’aiuto alle donne atlete in maternità, l’estensione dell’area no tax — e sottolinea che mai lo sport «è stato così al centro». Ma cosa ci sarà in questa Grande Riforma? «Dovremo scendere nel dettaglio» dice il Ministro. Se ne parlerà nella prossima legislatura. In questa si moltiplicano le rassicurazioni, arriverà al traguardo la legge sul limite dei tre mandati per i presidenti.
CONTRIBUTI Di certo la Grande Riforma sarà accompagnata o preceduta da un’autoriforma. Malagò cita il suo cavallo di battaglia: «In Italia organizziamo 385 discipline sportive». Ma si può pensare a tutto: «Dobbiamo però aggregare risorse, indipendentemente da quello che succederà. Oggi abbiamo un quarto dei contributi rispetto al Coni di 20 anni fa». Ecco, i contributi, meglio: i soldi. Saranno sicuramente una voce della Grande Riforma: il contratto Coni-Stato sarà più circostanziato, non soltanto una cifra e una mission generica. Bisognerà stabilire con quei soldi che cosa il Coni deve e può fare. E naturalmente la discussione e il suo esito non è scontato.

2) LA SCUOLA

Non solo tutor. Ora ci vogliono gli insegnanti

Gli organici sono insufficienti rispetto ai programmi: il ruolo della politica
Scuola. Scuola dove lo sport c’è poco o non c’è per niente. Soprattutto nel segmento dei bambini: l’attività motoria è la grande assente nelle mattinate delle elementari. Scuola, inevitabilmente, una delle parole più citate degli Stati Generali. Impossibile lasciarla fuori dalla porta quando si parla di riforme e di futuro. Per Giovanni Malagò, siamo arrivati al dunque: «La prossima legislatura deve affrontare la questione».

NOVE MILIONI Il presidente del Coni cita i grandi sforzi per il progetto «Sport di classe». Ma si rende conto che non può fare il supplente vita natural durante. Ci vogliono i professori di educazione fisica, i tutor non bastano. Oggi queste figure arrivano nelle scuole, formano maestre e maestri, organizzano manifestazioni sportive. Ma la risposta è troppo parziale, ci vuole quotidianità. «In Slovenia, ogni mattina, la scuola elementare comincia con l’educazione motoria», racconta Mauro Berruto. Con la «buona scuola» è arrivata l’opzione generale, cioè l’educazione fisica nei programmi, ma manca ancora l’organico per tradurre la svolta in realtà. In questa stagione scolastica, per esempio, il Coni investirà nove milioni per portare i tutor (l’attività partirà da gennaio) in quarta e quinta elementare. Il Ministero, invece, penserà alla prima, alla seconda e alla terza classe, ma solo in otto regioni perché i fondi europei possono essere spesi solo nelle regioni a più forte disagio sociale.
ARTICOLO 9 La questione è arrivata anche in Parlamento. Dopo la proposta di legge presentata da Simone Valente del movimento 5 Stelle, è arrivata quella firmata dal senatore olimpionico (sciabola a squadre, Los Angeles 1984) Marco Marin. Nel testo si prevede «l’inserimento organico di un insegnante di attività motoria» nella scuola primaria. E si fanno pure i conti all’articolo 9: servirebbero 70.200.000 euro. Fra sei e sette volte quello che si spende ora. Ma pure sul fronte della maggioranza qualcosa si muove: Daniela Sbrollini, responsabile del Pd per lo sport, sta preparando un emendamento per la prossima legge di bilancio per impiegare il 5% dei professori di educazione fisica nella primaria. Lo sport a scuola come argomento di campagna elettorale? Se serve a sbloccare la situazione, ben venga…

3) LE NAZIONALI

Il confronto tra Federazioni. Azzurro al centro

Buoni risultati e tanti problemi, dagli impianti ai club: «Le Nazionali perno di tutto»

Da una parte i flop degli sport di squadra, dall’altra la lusinghiera proiezione verso Tokyo 2020 che ci fa guardare con grandi speranze all’Olimpiade che verrà, come dice Giuseppe Abbagnale, che sottolinea le «cinque medaglie mondiali raccolte dal canottaggio» nelle specialità olimpiche. In mezzo le «preoccupazioni per l’impiantistica sportiva» di Luciano Rossi, presidente del tiro a volo, il grido di allarme sulle società sportive «alla canna del gas» lanciato dal numero uno del nuoto, Paolo Barelli, fino al modello vincente illustrato da Giorgio Scarso per la Federscherma. Gianni Petrucci, leader della Federbasket, che sottolinea quanto sia «difficilissimo qualificarsi ai Giochi Olimpici con la concorrenza che viviamo nella pallacanestro», ma aggiunge anche: «Spesso leggo di giocatori che ai giornali dichiarano “il mio sogno è vincere l’Eurolega”, dicono questo, non “vincere l’Olimpiade”. È necessario cambiare questa mentalità».

DESIDERIO Mauro Berruto, l’ex c.t. azzurro della pallavolo, gli fa eco diventando un appassionato cicerone in mezzo alla crisi. La parola chiave è desiderio. «Bisogna ricreare nei nostri atleti quel desiderio – sostiene –. Nel corso della mia esperienza ho contattato diversi giocatori per avere la loro disponibilità per la Nazionale: ho raccolto dei sì, ma anche dei no e pure dei sì-ma, che per me equivalevano al no». Per Berruto, l’azzurro deve ritrovare la centralità perduta e su questo è inevitabile costruire un nuovo rapporto fra club e Nazionale. L’altro tema è quello degli allenatori: «Restituiamo ai tecnici la dignità del loro ruolo».
PRESSIONI Berruto fa un paragone: la delegittimazione del tecnico somiglia a quella del professore. Anche perché bisogna partire dalla scuola, «la scuola che è il motore di tutto». Claudio Gentile, campione del mondo 1982 e ultimo tecnico a medaglia nel calcio alle Olimpiadi (bronzo ad Atene 2004), insiste sul tema e augura al nuovo commissario tecnico buon lavoro, soprattutto nella possibilità di «evitare le pressioni di direttori sportivi o dirigenti di società che ti dicono di convocare quello o quell’altro. Io sono sempre andato per la mia strada, ma poi me l’hanno fatta pagare».
Valerio Piccioni (La Gazzetta dello Sport – martedì, 21 novembre 2017)

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