Ogni paese ha il ‘dan’ che si merita. Soprattutto il Giappone, che di ‘dan’ se ne intende più di chiunque altro, anche in termini di origini del judo oltre che strettamente grammaticali. Il ‘dan’ infatti, è un’estrapolazione da ‘Yudansha’, che significa ‘persone che hanno la graduazione’, cui si contrappone ‘Mudansha’, ‘persone senza graduazione’. Per la cronaca (e la storia) i primi Yudansha sono stati Shiro Saigo, secondo allievo di Jigoro Kano e Tsunejiro Tomita. Ma la storia scorre veloce e da allora, sul finire dell’800, l’evoluzione del judo ha abbattuto ogni confine, al punto da arrivare ad essere il terzo sport per numero di nazioni partecipanti ai Giochi Olimpici. Il ‘dan’ è diventato un termine universale, pronunciato allo stesso modo sia in Italia che in Giappone, in Australia, Argentina, Mongolia o alle Isole Mauritius, diverse invece le modalità per riconoscere il ‘dan’ superiore, che percorre una scala dal primo al decimo. E proprio lo scorso settembre, in occasione del campionato del mondo a Budapest, Franco Capelletti è stato il primo italiano cui è stato riconosciuto il decimo dan, il massimo. E se per ogni nazione variano le modalità per acquisire un dan in più, tutti inevitabilmente fanno riferimento al Giappone, tenendo in grande considerazione ciò che pensa e dice il Kodokan di Tokio, la casa del judo. Per questo motivo ha suscitato non poca sorpresa ciò che è avvenuto poco tempo fa, quando è stato riconosciuto un passaggio di dan per meriti. Ciò che ha rotto gli schemi della tradizione però, è stato il fatto che il beneficiario, di dan, ne ha ricevuti due in più. Una cosa così straordinaria che non era ancora accaduta, e che si può comprendere soltanto elencando il palmares prima
del nome della protagonista. Otto medaglie d’oro ai campionati del mondo, cui si aggiunge una di bronzo conquistata alla prima partecipazione (quando doveva compiere ancora sedici anni), cinque medaglie su cinque partecipazioni alle Olimpiadi per due primi, due secondi ed un terzo posto. Categoria 48 kg, altezza 1,46 mt, cinque combattimenti persi nell’arco di una carriera lunga vent’anni… sì, è proprio lei, Ryoko Tamura, la judoka-fenomeno, la migliore di sempre che, nonostante le differenze di dimensioni, è ancora in grado di fare ombra al gigante Teddy Riner. Ryoko Tamura infatti, che nel 2003 ha sposato il giocatore di baseball Yoshitomo Tani assumendone il cognome, è la seconda donna più vincente alle Olimpiadi in una singola specialità individuale. Meglio di lei, soltanto la nostra Valentina Vezzali. E come la Vezzali, anche Ryoko Tani dopo che nel 2010 ha abbandonato l’agonismo ha intrapreso la carriera politica ed è stata eletta nella camera alta del parlamento giapponese. “Questo riconoscimento ripaga un sogno che coltivavo da tempo – ha detto Ryoko – e mi sento felice come quando raggiunsi il traguardo della cintura nera”. Aveva 15 anni, oggi ne ha 42. Un ultimo dettaglio, ed è questa la vera notizia, la doppia promozione attribuita a Ryoko Tani Tamura le ha consentito d’indossare finalmente la cintura bianca e rossa di sesto dan. Era soltanto quarto dan!
Bruno ed Alice sul podio a Roncadelle
Buona prova per gli Yama-Esordienti che, nel Trofeo Italia disputato sabato e domenica a Roncadelle, hanno riportato un primo posto con Bruno de Denaro, un