Addio Sir Bannister, l'uomo che scavalcò il muro

Non ha scelto un momento qualsiasi: Sir Roger Bannister, malato di Parkinson, se n’è andato sabato, a 88 anni, nel bel mezzo dei Mondiali indoor di Birmingham, nella sua Inghilterra. E’ morto a Oxford, circondato dagli affetti più cari, proprio là dove il 6 maggio 1954 – data iconica per tutto lo sport – all’Iffley Road Sports Ground, con 3’59”4, divenne il primo uomo della storia a correre il miglio in meno di quattro minuti. Facendo cadere un muro, una barriera fisica e psicologica, una delle più alte che l’uomo abbia mai superato.
LA COMMEMORAZIONE E’ stato un pioniere, è diventato un mito: molto british, ma non solo. Ieri la commozione, alla Birmingham Arena, dove non poteva non venir ricordato, è stata forte per tutti. Un breve video, trasmesso sul maxi-schermo dello stadio a gare da poco cominciate, a meno di un’ora dalla finale dei suoi 1500, ne ha ben riassunto l’epopea. Il pubblico s’è alzato in piedi, applaudendo a lungo. E le parole di Seb Coe, a sua volta grande mezzofondista inglese e primatista del miglio (3’47”33 nel 1981), oggi presidente della Iaaf, hanno colto nel segno: «Questo è un giorno di intenso dolore per il nostro Paese e per tutto il mondo dell’atletica – ha detto –: non c’è un singolo atleta della mia generazione che non sia stato ispirato da Roger e dai suoi risultati, sul campo e al di fuori di esso».
GLI STUDI Quella di Bannister era un’altra atletica, figlia di un altro mondo. In bianco e nero, lontanissima dal professionismo. Roger si allenava nel tempo libero, quando gli importanti studi in medicina all’università di Oxford glielo permettevano. Cominciò a correre a 17 anni. A 19 mancò di poco la convocazione per l’Olimpiade di Londra 1948. Ma a 23 si rifece a quella di Helsinki 1952, quarto nei 1500 col record britannico. E la stagione successiva, avvicinandolo in due occasioni, prese a inseguire l’obiettivo dei quattro minuti sui 1609,34 metri. Sfruttava le sue conoscenze mediche per indirizzare la propria preparazione e studiare gli aspetti biomeccanici dell’azione. La caccia all’abbattimento del muro, con protagonisti anche lo statunitense Wes Santee e l’australiano John Landy, divenne una sorta di corsa contro il tempo. Ad aiutare Bannister nell’impresa, in un pomeriggio ventoso di quell’indimenticabile 6 maggio, due lepri d’eccezione: Christopher Chataway e Chris Brasher. Lo stupore per il risultato ottenuto fu generale: resta una pietra miliare del ventesimo secolo. L’immagine che lo ritrae sul traguardo con la testa inclinata all’indietro, gli occhi chiusi e la bocca spalancata, catturò l’immaginazione, trasformandolo in una celebrità e rilanciando un Paese che ancora soffriva per le conseguenza della Seconda Guerra Mondiale.
CARRIERA BREVE Fu proprio Landy, 46 giorni più tardi, con 3’58”0, a sottrargli il primato. Ma il posto di Bannister nella leggenda era ormai assicurato. Curioso ci sia anche un po’ d’Italia nella storia della specialità che lo ha reso grande: l’attuale record del mondo, 3’43”13 del marocchino Hicham El Guerrouj, è stato ottenuto all’Olimpico di Roma il 7 luglio 1999. La carriera di Roger è durata poco, arrivando al termine in quello stesso 1954, dopo la conquista dell’oro, sempre nel miglio davanti a Landy, dei Giochi del Commowealth di Vancouver. La laurea valeva più dei record: Bannister sarebbe diventato un apprezzatissimo neurologo: «C’è una certa ironia nel fatto che io stesso ora soffra di Parkinson» dichiarò in un’intervista del 2014. In tanti adesso lo ricordano, soprattutto a Birmingham, sottolineando la caratura morale del personaggio. Chissà cosa avrebbe detto di fronte a un Mondiale che passa alla storia (soprattutto) per le sue 27 squalifiche…
di Andrea Buongiovanni – La Gazzetta dello Sport – lunedì 5 marzo 2018
Ma avrebbe preferito una scoperta scientifica
Il muro abbattuto dall’inglese Roger Bannister alla Oxford University il 6 maggio 1954 è stato forse l’exploit di cui si è parlato di più fra i pur moltissimi dei quali è ricca l’atletica. Quel 3’59”4 fu realizzato in circostanze eccezionali perché erano presenti campioni passati e futuri della Gran Bretagna. Tanto per cominciare il principale commentatore fu Norris McWhirter che in seguito sarebbe diventare più famoso dello stesso Bannister, insieme al fratello gemello Ross, come autore del libro sul Guinness dei Primati. Col suo senso dell’umorismo McWirther nel suo ruolo di annunciatore dichiarò l’impresa «primato dello stadio di Iffley Road, nonché primato britannico, europeo, del Commonwealth e del mondo». Si racconta che quando Bannister tornò all’Università fu accolto dal suo professore con queste parole: «Oggi i giornali parlano di lei più che se avesse fatto un’importante scoperta scientifica». E il neoprimatista rispose: «Lo so e mi dispiace, purtroppo». In seguito sarebbe diventato un importante neurologo.
Chi scrive aveva conosciuto Bannister a Firenze quattro anni prima del record mentre rientrava da un viaggio in Grecia accompagnato proprio da McWirther. A rendere ancora più celebre l’impresa c’è il fatto che uno dei tre cronometristi fu Harold Abrahams, britannico vincitore dei 100 metri all’Olimpiade di Parigi ’24 che in Italia sarebbe diventato popolare per il film premio Oscar Momenti di Gloria.
di Roberto Quercetani – La Gazzetta dello Sport – lunedì 5 marzo 2018

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