Addio Szewinska, leggenda polacca che cambiò il mondo (7 podi olimpici in 5 specialità)

La signora dell’atletica mondiale dallo sguardo dolce e chiaro ci ha lasciato. Irena Szewinska, nata Kirszenstein 72 anni fa a Leningrado, ora San Pietroburgo, ha dovuto arrendersi di fronte a quel male che l’aveva assalita nel 2014. La chemioterapia sembrava averle ridonato la salute, ma un mese fa la situazione è all’improvviso precipitata. Quest’anno l’avevamo incontrata a PyeongChang, durante i Giochi Invernali, e poi a Losanna. Sembrava un poco affaticata, ma non ha mai voluto parlare della sua malattia. Voleva essere sempre positiva. Irena aveva la mamma ucraina e il padre polacco, che erano stati costretti a rifugiarsi in Russia per sfuggire all’epurazione razziale nazista. Lei era la figlia della rinascita nel dopoguerra.
GLI INIZI Quando era tornata con la famiglia in Polonia aveva cominciato a esprimere il suo grande talento atletico. Era troppo alta per fare la ballerina classica, come aveva sognato, e la corsa le permetteva di liberare tutta la sua voglia di vivere, di superare le difficoltà. Era determinata, sicura di sé, senza mai diventare arrogante. Conquistò l’attenzione del mondo nel 1964 all’Olimpiade di Tokyo, quando solo 18enne si guadagnò l’argento nel salto in lungo, con un balzo di 6.60 alle spalle della stella britannica Mary Rand, e nei 200 nella scia della statunitense Edith McGuire, per chiudere poi con l’oro e il primato mondiale nella staffetta 4×100. L’anno seguente prima eguagliò il primato mondiale dei 100 in 11”1 e poi stabilì il primato mondiale dei 200 metri con 22”7. Allora le piste erano in tennisolite e non elastiche come quelle attuali. La sua progressione era inarrestabile. Nel 1966 diventò la regina dei Campionati Europei, che allora era una manifestazione top nel quadro dell’atletica mondiale, vincendo tre ori: 200, salto in lungo e 4×100, finendo seconda nei 100, battuta dalla connazionale Ewa Klobukowska.
IL DRAMMA UMANO Proprio questa sua compagna di squadra e sprinter potente era poi finita, nel 1967, al centro del primo caso di sospensione dall’attività agonistica per avere fallito l’esame del sesso, che era stato introdotto prima della Coppa Europa. La Klobukowska fu messa alla berlina e qualcuno sussurrò che forse anche Irena avesse qualcosa da nascondere. Lei ci ha confessato che quei sospetti la ferirono, ma una volta ci ha detto, quando siamo tornati a parlare del problema riguardante il sesso: «Io non avevo bisogno di dimostrare nulla. Ewa ha pagato per una colpa non sua. Certo, il problema dell’ermafroditismo e altro va affrontato, ma con sensibilità. Essere diversi non è una colpa, quindi ogni caso va studiato con cure e sensibilità, come ho detto, e rispettando la privacy. Ewa fu additata in pubblico come una donna che aveva barato e non è stato giusto. Lo sport deve aiutare le persone, non distruggerle. Quindi bisogna trovare la soluzione, senza danneggiare i diritti di nessuno». Nel dicembre del 1967 Irena Kirszenstein sposò il suo allenatore, Janusz Szewinski, diventando Szewinska.
RECORD MONDIALI Dopo il matrimonio sulla prima pista in tartan ai Giochi olimpici di Città del Messico 1968, dopo avere eguagliato il mondiale dei 100 nei quarti con 11”1, fu terza in finale, ma nei 200 frantumò il mondiale con 22”58. L’altura e il manto gommoso avevano chiuso un’era e ne avevano aperta una nuova ed Irena, insieme a Tommie Jet Smith, era la madrina del cambiamento. Nel 1970 diede alla luce il primogenito Andrej, che poi è diventato nazionale della squadra polacca di pallavolo. La maternità l’ha portata verso un nuovo traguardo: diventare la numero uno al mondo anche nei 400. Nel 1974, infatti, ha sbriciolato la barriera dei 50” (49”9), migliorando il primato di oltre un secondo. Ha continuato a essere protagonista fino al 1980 ed è l’unica atleta al mondo ad avere stabilito i mondiali di 100, 200 e 400 metri.
CARRIERA Dopo essere diventata mamma per la seconda volta nel 1981 ha intrapreso la carriera di dirigente: presidente della federatletica polacca, presidente del comitato olimpico polacco, membro del Cio, membro dell’Esecutivo della Iaaf. E’ davvero un’icona della sport e ci mancherà quel sorriso dolce e la grande educazione.
di Gianni Merlo – La Gazzetta Sportiva di domenica 1 luglio 2018

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