Le vie delle Universiadi sono infinite e Napoli e la Campania lo hanno dimostrato nella lunga volata che si concluderà oggi con la cerimonia di apertura del San Paolo davanti al Capo dello Stato. Nata quasi fuori tempo massimo, dopo la rinuncia brasiliana di due anni fa, la soluzione Napoli è sembrata all’inizio una continua collezione di passi falsi e marce indietro. E invece oggi si parte. Con novemila atleti di 124 nazioni, 222 gare da disputare fino al 14 luglio, ma soprattutto dopo 69 interventi su impianti affaticati dal tempo e dal degrado, ora risorti a nuova vita. Un risultato clamoroso anche se questo è solo il primo tempo. Solo nel secondo sapremo se Napoli ha vinto la sua partita, quella con se stessa, la sfida del «dopo» e del come riempire di pratica sportiva diffusa gli impianti rinati.
Fate voi
Una scommessa, diciamoci la verità, a cui all’inizio hanno creduto in pochi, pochissimi. A luglio del 2018, dopo un tentativo di rinvio stoppato dalla Fisu, il Governo disse agli amministratori locali: fate voi, noi ci tiriamo indietro. E l’hanno fatto la Regione del governatore Vincenzo De Luca, di fatto l’unica finanziatrice anche con i fondi europei e la regia organizzativa della struttura commissariale ottimamente diretta da Gianluca Basile, e il Comune del sindaco De Magistris, pur litigando un giorno sì e l’altro pure. Fatto sta che il lavoro per l’Universiade 2019 ha riscosso anche l’applauso dell’Anac, l’Autorità Anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone, che ieri ha dato i numeri della collaborazione con la struttura commissariale – controlli su 144 appalti per 205 milioni di euro, 323 pareri di legittimità formulati – cifre che «vanno a sfatare il luogo comune secondo cui i controlli e il rispetto delle regole provocano forti ritardi».
San Paolo e gioielli
Oggi i 30mila spettatori e il tedoforo Lorenzo Insigne vedranno un San Paolo diverso. Diversi i colori dei seggiolini, azzurri e multicolor, diverso l’impianto audio, diversi gli spogliatoi, nuovi i due maxischermi, nuova la pista. Ma c’è un posto che più di tutti racconta questo incrocio di storie. Basta percorrere viale Kennedy, superare la Mostra d’Oltremare (con la sua piscina per i tuffi riaperta 43 anni dopo l’ultima gara) e girare a destra dopo Edenlandia. Ecco la piscina Scandone, uno degli interventi-gioiello. Oltre alla piscina indoor, è stata costruita una nuova vasca esterna. L’abbiamo visitata quando arrivava la delegazione giapponese. Quasi confinante, a uno sguardo della piscina, c’è il nuovo Palabarbuto, inaugurato domenica con Italia-Croazia. Sarà la nuova casa del basket di Napoli, ora in A-2, ultimo erede di una storia importante. Una storia che viveva proprio qui, davanti alle tribune fatiscenti del Pala Argento, ridotto a un relitto, in cui la Scandone e il Palabarbuto si specchieranno per evitare la strada del degrado.
Ricordando Pietro
Dunque, eccoci al via. Sessant’anni dopo la prima edizione (Torino 1959, «invenzione» di Primo Nebiolo), 40 anni dopo le Universiadi messicane di Pietro Mennea (quelle del record del mondo dei 200 con il 19”72 che è tuttora primato d’Europa). Tutto è pronto per un’altra puntata di una storia che comprende fra gli altri Nadia Comaneci, Federica Pellegrini, Gregorio Paltrinieri. Da stasera si ricomincia con Napoli in copertina, un traguardo che fino a qualche mese fa sembrava la più classica delle missioni impossibili.
Valerio Piccioni – La Gazzetta dello Sport (mercoledì, 3 luglio 2019)