È stato uno degli ultimi tedofori a portare la torcia delle Universiadi dentro lo stadio San Paolo. E per un napoletano come lui è stata un’emozione davvero unica. Ma tutte queste Universiadi per Pino Maddaloni, oro olimpico a Sydney nel judo, due volte campione europeo (più altri due argenti e due bronzi), sono una sensazione particolare e non ne fa mistero, neanche ora che gira in giacca e cravatta e fa addirittura l’arbitro, oltre a continuare ad allenare i giovani delle Fiamme Oro. «Sono orgoglioso del fatto che ospitiamo una manifestazione di questo livello. Anche un po’ invidioso perché l’avrei voluta fare anche io. Non ho avuto l’opportunità di vedere ospitato a Napoli un Europeo, un Mondiale per combattere davanti al mio pubblico. Me la godo oggi da tedoforo e da testimonial».
Lei ha fatto il tedoforo, la cerimonia d’inaugurazione al San Paolo che emozioni le ha dato? «La cerimonia d’inaugurazione al San Paolo è stata bellissima, mi vengono i brividi a pensarci. Sono davvero felice che tanta gente abbia visto lo splendore della mia Napoli».
Come le sembra la manifestazione finora? «Agonisticamente il livello è medio, parlo del judo, ci sono tanti atleti giovani. L’organizzazione? I napoletani non sono preparati. Anche se qui all’impianto del judo è tutto bello. Ma soltanto il fatto che le tribune siano piene al 50% significa che si poteva fare qualcosa di più».
In altri impianti però il pubblico non è mancato e i dati delle vendite di biglietti sono state buone. «L’Universiade è comunque un’esperienza importante. È la prima grande manifestazione nella mia città. Abbiamo messo delle belle basi per il futuro. Il mondo delle Universiadi ha visto Napoli e penso che ne parlerà bene e quindi in futuro sarà possibile organizzare altri eventi. Crescendo sempre, passo dopo passo».
Atleta, tecnico, c.t. azzurro, ora anche arbitro… Tante vite, tutte nel judo. «Io sono un judoka. Ho una sola vita. Però ho imparato a vedere il judo da un altro punto di vista e questo mi fa crescere».
Che cosa può dare una disciplina come il judo ai giovani? «Per me è uno stile di vita, mi ha dato una disciplina. Non è facile, non c’è tanta promozione, ma una volta messo il piede sul tatami ti conquista».
Il livello del judo italiano come le sembra? «I judoka italiani sono meravigliosi perché anche loro con poco fanno tanto. La Federazione fa quel che può, molti si pagano le gare, il livello sta crescendo tanto. Ci sono molti più tornei, è un vantaggio per gli italiani per confrontarsi. Ne vedo molti che vanno ad allenarsi in Francia e in Giappone. Devono essere presi da esempio».
Ha portato anche le sue figlie sul tatami. Sanno di avere un padre campione? «Laura ha sette anni mentre Sydney (in onore dell’oro olimpico ovviamente, ndr) quattro. A me interessa che si divertano. Io da ragazzino andavo in palestra per giocare, scambiavo figurine e giocavo a nascondino. Non mi interessa che sappiano delle mie medaglie, spero solo di essere un buon esempio».
Valeria Benedetti – La Gazzetta dello Sport (Martedì, 9 luglio 2019)