Niente, fra Coni e Sport e Salute non riesce proprio a spuntare il sole. I sussurri hanno sostituito le grida, ma la distanza è sempre la stessa, grande, e la firma del contratto di servizio sembra una sorta di tregua apparente che ha lasciato per strada tanti, troppi punti interrogativi. Si era appena risolto in qualche modo il caso della richiesta dati (risultati, tesserati, società: tutto utile per i parametri dei contributi) di Sabelli a cui il Coni prima aveva risposto in maniera non proprio collaborativa (sostanza: non potete metterci fretta, è un lavoro pazzesco, e quindi lo dovete pagare) e poi più conciliante (ci chiedete una raccolta molto complessa, ma faremo di tutto per consegnarvela per metà novembre). Ed ecco scoppiare un altro caso: l’indicazione da parte di Giovanni Malagò di Gianni Petrucci come «quinto uomo» del direttorio, quello che deve affrontare i tre argomenti su cui il contratto di servizio ha detto «faremo pace più tardi»: Marketing, Coordinamento dei presidenti regionali Coni, Ufficio statistiche.
La mossa del cavallo
Quella di Malagò è stata un po’ la mossa del cavallo: indicando uno degli antagonisti del dibattito interno di questi mesi tempestosi – il suo predecessore Petrucci è quello che ha polemizzato di più con lui in Consiglio nazionale – il presidente del Coni ha in qualche modo spiazzato il dirimpettaio Sabelli. Che avrebbe preferito una personalità tecnica («dirigente interno», c’è scritto sul contratto). E non è un mistero che gli altri presidenti del «partito» che ha visto con interesse la riforma, non siano entusiasti della scelta che in qualche modo rompe il loro fronte. Ma la vicenda è chiaramente sovradimensionata. Il contratto di servizio dice che non si potranno prendere decisioni votando (gli altri quattro membri sono due del Coni e due di Sport e Salute). Petrucci, questo sì, potrà portare un po’ d’acqua al mulino della mediazione e non c’è dubbio che sia un uomo adattissimo alla missione: dire no avrebbe significato un tradimento della sua storia di dirigente.
I no della “pancia”
Diverso è il discorso su una specie di «pancia» del sistema (senza l’area di cui si avvale il Coni, Sport e Salute ha circa 500 dipendenti) – che lo stesso Malagò ha dovuto affrontare in questi anni – che guarda con freddezza (qualche volta ostruzionistica) ogni tentativo riformatore di Sport e Salute. Con frasi del tipo: vedete, non ce la fanno, c’è tanta confusione… Ma una cosa è rivendicare la propria competenza, un’altra difendere dei privilegi. Il fatto è che la sfida non riesce a spostarsi sui contenuti.
Quando la svolta?
Prendete i contributi. Fra pochi giorni si dovrebbe procedere a definire le risorse per il 2020. Dopo i primi tentativi «sociali» sperimentati con la distribuzione dei 60 milioni aggiuntivi per il 2019, c’è un nuovo passaggio. Certo bisogna aiutare la nostra corsa a Tokyo (ma l’Olimpiade parte il 24 luglio). Si aspettano maggiori novità e risorse in una direzione: far fare più sport agli italiani. Soprattutto a scuola. Ma Sabelli avrà la forza per svoltare? E le federazioni (e gli enti di promozione) sapranno mettersi in gioco? O saranno le prime a gridare al delitto di lesa maestà per centomila euro in meno? Il caso Petrucci sembra risolto, il sì di Sabelli sembra scontato, molto più faticosa appare la risposta a queste domande.
Valerio Piccioni – La Gazzetta dello Sport (Venerdì, 15 novembre 2019)