Addio Matthes, “sughero” da 4 ori olimpici, 3 mondiali, 5 europei

Con quei baffi che nascondevano passione e ribellione, Roland Matthes era la miglior risposta ai baffi del leggendario statunitense Mark Spitz, al quale negli anni tra il ‘68 e il ‘76 contese la massima popolarità anche oltre le piscine. Perché nessuno sapeva nuotare il dorso e infrangeva cuori come lui. Fece piangere e sposò anche Kornelia Ender, dalla quale ebbe una figlia (Franziska) prima di divorziare dopo pochi anni «per questioni di idee». Erano stati felici e condividevano anche gli ori olimpici: quattro. Che anni ruggenti

Erano, in quegli anni ruggenti, una coppia da rotocalchi. Il tedesco, morto venerdì a 69 anni dopo una malattia, era il Sughero per eccellenza: nessuno galleggiava e stava in acqua come lui. Per lo stile e la classe veniva pure soprannominato il «Mozart» o «il Rolls Royce» delle piscine, per non dire il «Rubacuori». Gli americani non riuscivano a sconfiggerlo, e soprattutto a spiegarsi come riuscisse a nuotare così «alto» sull’acqua. Lo allenava a Erfurt la “grassottella” Marlies Grohe, fino a quando nel ‘75 la sua vita godereccia e l’allontanamento dell’allenatrice cominciarono a fargli saltare gli equilibri. Da aprile 1967 ad agosto 1974, Roland era rimasto imbattuto nel dorso: ben 116 gare. Fu lo statunitense John Naber a Condor ad avvisarlo che stava per finire la sua epopea. Perse davvero ai Mondiali di Cali nel 1975: finì solo quarto nei 200 dorso vinti dallo sconosciuto diciottenne ungherese Zoltan Verraszto. Ai Giochi di Montreal ‘76 si accontento del bronzo nei 100. Diventò ortopedico

Era un momento di inquietudine anche per lui. Era l’epoca della famigerata Germania Est, del doping della Stasi, ma Matthes lo diceva sino alla noia: «Ho avuto la fortuna di essere in un piccolo club civile e non in uno dei club militari o di polizia». Dopo il ritiro, Matthes diventò ortopedico, non prima di trasferirsi a Tauberbischofsheim, la città chiamata Strada Romantica, dove lavorò nel centro di scherma quasi per contrappasso: una vita fuori dalla vasca in cui non si fece mancare nulla, neanche amori brasiliani. Tentò la carriera di allenatore, ma rinunciò a continuare nel nuoto. Nel 2011 gli venne intitolata la piscina a sud di Erfurt, dove Roland divenne Matthes. «Perché lì c’era sempre una doccia calda…».

Stefano Arcobelli – La Gazzetta dello Sport (Lunedì, 23 dicembre 2019)

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