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Fiaccola oggi in Giappone, sempre di più gli scettici

«La speranza illumini la nostra via»: è il motto, scelto a suo tempo, che accompagna il viaggio della fiaccola di Tokyo 2020. Data la situazione, non potrebbe essere più azzeccato. L’emergenza Covid-19 sta cambiando tutto. Ma oggi, a 126 giorni dalla programmata cerimonia di apertura, il simbolo per eccellenza dell’olimpismo atterrerà in Giappone. Racchiuso in una lanterna, è volato su un Boeing 777 fregiato di disegni olimpici. Da Atene alla base aerea di Matsushima, nella prefettura di Miyagi, luogo tra i più colpiti dallo tsunami 2011. Nella speranza, appunto, che la fiamma possa essere di buon auspicio contro il virus.

Cerimonia ridotta

La cerimonia di passaggio avvenuta ieri mattina allo stadio Panathinaiko della capitale greca, nel 1896 sede dei primi Giochi moderni, non ha potuto che essere interpretata come un atto di fede. È durata solo mezzora, in un’atmosfera spettrale, con poche sacerdotesse a far da contorno e i gradoni in marmo dello storico impianto desolatamente vuoti. La torcia – la cui staffetta in terra ellenica, partita giovedì scorso da Olimpia, era stata interrotta a Sparta dopo un solo giorno per ragioni di sicurezza – è passata da mani greche a giapponesi. L’oro olimpico agli anelli di Rio 2016, Lefteris Petrounias, ha compiuto di corsa un giro della gloriosa pista e l’ha consegnata a Katerina Stefanidi, olimpionica dell’asta quattro anni fa a Rio. È spettato a lei l’onore di accendere il calderone. La cui fiamma, dopo un breve discorso di Spyros Kapralos, n. 1 del comitato olimpico greco e membro Cio, è stata poi raccolta da Naoko Imoto, protagonista per caso. La 43enne ex nuotatrice nipponica, quarta con la 4×200 stile libero ad Atlanta ‘96, oggi lavora per l’Unicef in Grecia. Dopo che in extremis è stato deciso che nessuno sarebbe arrivato dal Giappone, è stata contatta in fretta e furia e si è resa disponibile. Così è stata lei, assieme a Yoshiro Mori, presidente del comitato organizzatore “presente” con un video messaggio, a rappresentare il Paese del Sol Levante.

Quante perplessità

Con un paradosso. La Stefanidi è stata, tra i tanti, una di coloro che più ha fatto sentire la propria voce di dissenso rispetto all’atteggiamento che il Cio sta mantenendo circa la possibilità che i Giochi si svolgano come da programma: «Vogliono mettere a rischio la nostra salute» ha scritto. Mentre Seb Coe, presidente della federatletica mondiale, ha dichiarato che «in questo momento tutto è possibile, ma nulla si può decidere», nelle ultime ore, al folto gruppo dei perplessi, si sono aggiunti i leader dei comitati olimpici britannico e giamaicano e l’ex presidente della federatletica tedesca, Clemens Prokop. «Il Giappone – ha detto invece Tao Aso, vice primo ministro – ogni 40 anni deve affrontare un’Olimpiade maledetta. L’edizione 1940, che avremmo dovuto ospitare, non si disputò per la Guerra. Nel 1980 non partecipammo a quella di Mosca per il boicottaggio. Ora questa situazione». Anche le certezze orientali scricchiolano.

Andrea Buongiovanni – La Gazzetta dello Sport venerdì 20 marzo 2020

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