«Guardi, visto che parliamo di sport, usiamo una metafora adatta: indossare la mascherina mentre si corre o si va in bicicletta è un autogol clamoroso. La differenza è che non si pregiudica il risultato di una partita, ma la salute. E quindi la questione è molto più grave». Francesco Le Foche, immunologo e responsabile del Day hospital al Policlinico Umberto I di Roma, va dritto al punto. Da sempre studioso di malattie infettive, in questo mesi è stato in prima linea nel contrastare il coronavirus. Cosa che continua a fare anche ora, ma in parallelo non esita a battersi in modo altrettanto deciso contro alcuni strani effetti collaterali del Covid, causati della paura e persistenti nel tempo nonostante si cerchi di dare le giuste informazioni.
Professore, il virus è per fortuna sempre meno presente in Italia, ma il terrore, invece, resta alto tra la gente.
«Purtroppo è così, sembra di stare nell’Atene della peste nera raccontata da Tucidide: a morire non furono solo migliaia di persone, scomparve in maniera totale anche la socialità. Ma oggi non siamo nel 430 a.c. e abbiamo strumenti per fronteggiare la pandemia: medicine, ospedali all’avanguardia, bravissimi dottori e infermieri, la scienza che lavora al vaccino. Insomma, il virus ci ha sorpreso alle spalle, ora lo conosciamo e sappiamo cosa fare. E in questa fase tocca convivere con il virus tenendo comportamenti giusti, ma senza esagerare. O peggio, crearci danni da soli».
Come questa storia di tenere le mascherine durante l’attività fisica…
«Una follia, un tentativo di suicidio. Quando si compie uno sforzo intenso aumenta il battito cardiaco, il corpo chiede un continuo ricambio di ossigeno, cosa che avviene con la respirazione. Espelliamo l’anidride carbonica, ma se ho una mascherina stretta sulla bocca allora riporto dentro l’organismo del veleno, rischio un cortocircuito. E se esagero, posso sentirmi male, svenire. E finire al pronto soccorso, non certo per colpa del virus».
Ma è vero che nei giorni scorsi ha “ordinato” a un runner incontrato per strada di togliersi la mascherina?
«Proprio così… Stavo camminando a Roma vicino casa mia, quando vedo questo signore mezzo paonazzo con il viso bardato e i guanti. Mi sono qualificato, gli ho spiegato che stava commettendo un grave errore e gli ho suggerito di correre in modo naturale. Lui mi ha ringraziato: “Sa, avevo paura. Si sentono tante chiacchiere in giro”. Ecco, questo è il problema. Le molte leggende metropolitane”.
Tipo i runner o i ciclisti untori…
«Esatto, una vera assurdità».
Eppure durante il lockdown è stata vietata l’attività sportiva all’aperto.
«Un errore dovuto all’odio che stava montando verso una categoria ritenuta a torto privilegiata in quanto poteva uscire. Ma se uno praticava uno sport individuale rispettando le regole, mantenendo le distanze dagli altri, mai e poi mai avrebbe trasmesso il virus. Semmai è vero il contrario».
Vale a dire?
«Lo sport praticato senza sforzi estremi aiuta le difese immunitarie, rende il fisico più forte e in grado di contrastare tutte le malattie. Anche il Covid, ma penso alle altre patologie, delle coronarie in primis, che mica sono scomparse. A proposito, le chiedo una cortesia: scriva bene un concetto».
Quale?
«Chi fa sport non aiuta se stesso, ma l’intera specie umana. Si fortifica il nostro patrimonio genetico, è una sorta di assicurazione per le future generazioni. Già gli spartani lo avevano capito. Vede, quanto è importante? Altro che untori…».
Eppure ci sono persone pure in questi giorni che insultano chi pratica sport senza indossare la mascherina?
«Perché sono informate male e hanno interiorizzato la paura. Alimentata in modo massiccio durante gli ultimi mesi».
Non bisogna avere timore?
«L’importante è conoscere il nemico. Il lockdown è servito in un momento preciso, perché avevamo un virus nuovo in casa. Ora le cose sono cambiate. Chiaro, non vuol dire comportarsi da incoscienti. Occorre prudenza, ma dobbiamo tornare a vivere. E invece vedo gente che si scansa sui marciapiedi, occhi abbassati. Vorrei dirgli “Non vedo l’ora di abbracciarti”. Dobbiamo recuperare la socialità perduta, imparare a convivere con il Covid. Senza terrore».
Torniamo alle mascherine: mai indossarle durante lo sport all’aperto, ma vale pure per le passeggiate, magari in montagna?
«Stesso concetto, tra l’altro in alta quota c’è meno ossigeno e quindi sarebbe anche peggio. Ma poi, le mascherine servono al chiuso specie quando non si può stare a distanza di un paio di metri. All’aperto sono come la copertina di Linus, ci fanno sentire più sicuri. Ma quando facciamo attività fisica o anche una bella camminata, teniamole pure in tasca e respiriamo a pieni polmoni l’aria pulita dei boschi. Sa, gli autogol fanno perdere molte partite…».
Francesco Ceniti – La Gazzetta dello Sport mercoledì 17 giugno 2020