Non c’è tempo da perdere. L’educazione motoria e l’attività sportiva non possono più aspettare. Nessuno s’illude di proteggere un’isola in un arcipelago della scuola sconvolto dalla tempesta Covid. I problemi sono grandi, e per tutti. L’importante, però, è che questa parte della formazione non sia come al solito dimenticata. Vogliamo dire le cose come stanno? Quanta didattica a distanza si è potuta organizzare nell’educazione fisica senza copertura assicurativa? E chi rischia di pagare il prezzo più alto nell’era del distanziamento e delle palestre a rischio prestito per lezioni di altre materie? Oggi è in programma un vertice di maggioranza ma è probabile che solo lunedì, con la presenza della ministra Lucia Azzolina, l’educazione motoria riesca a conquistare l’ordine del giorno. Servono soprattutto più docenti. Oggi ce ne sono circa 25 mila di ruolo nell’educazione fisica fra medie e superiori. Con il concorso (quindi come minimo dal 2021-2022) ne entreranno poco più di 2800 che basteranno probabilmente solo per sostituire chi andrà in pensione.
Che fare ora, adesso, domani? Intanto c’è un’occasione: la questione dei docenti di educazione fisica nella primaria, una specie di terra promessa mai conquistata.
La proposta di legge Marin, approvata in modo bipartisan alla Camera e impantanata al Senato (si sprecano i giuramenti sulla volontà di sbloccarla) spianerebbe la strada all’arrivo di 12 mila insegnanti, ma i soldi per le assunzioni si troveranno? E ora non c’è solo questo fronte: il probabile spezzettamento delle 369.769 classi per gli obblighi di distanziamento nei 58.823 edifici scolastici, l’apertura al sabato, impongono un altro aumento di risorse umane. In questi mesi il mondo dei professori, dalla Capdi al Comitato Italiano Scienze Motorie, tanto per citare due fra le voci più autorevoli, ha chiesto una svolta. Che deve venire prima di tutto dal Ministero dell’Istruzione. Certo c’è quello dello Sport, che fra l’altro sta scrivendo la legge delega che all’articolo 2 prevede la nascita dei centri sportivi scolastici (di che cosa si occuperanno? Con quale risorse? Con quale personale?), certo c’è Sport e Salute. Ma in questo momento delicato non ci possono essere fraintendimenti: l’educazione fisica e motoria deve essere affidata a un docente e il «collaboratore sportivo», figura da tutelare sempre di più, può aiutare ma non sostituire. Prendete la storia delle palestre. Qui il rischio è grosso. Il grido di allarme del presidente della pallavolo, Bruno Cattaneo, è di pochi giorni fa. Se i presidi, allarmati da norme poco chiare sulla responsabilità, chiudono gli spazi del pomeriggio, che fine faranno migliaia di squadre? Il Piano Scuola 2020-2021 firmato ieri dal Miur e proposto a dirigenti scolastici, parti sociali ed enti locali, sembra alludere a una sorta di “patto” scuola-sport. Prevede «attività integrative e alternative alla didattica» e cita espressamente «le associazioni sportive dilettantistiche» affidando a questo personale anche «compiti di sorveglianza e vigilanza degli alunni». Uno scenario interessante che dovrà essere declinato però in modo chiaro. Cioè:l’educazione motoria e sportiva non è solo «alternativa alla didattica», ma è anche didattica. E a pieno titolo.
Valerio Piccioni – La Gazzetta dello Sport, mercoledì 24 giugno 2020