20200711_Gazzetta

La bozza della legge che impedisce a Malagò e molti presidenti di ricandidarsi

Tre mandati per il presidente del Coni che diventano due. Tre mandati più uno per i presidenti federali che diventano tre mandati e basta. Un bel po’ di classe dirigente dello sport italiano rischia di non essere più rieleggibile in base alla bozza del Testo Unico sullo sport, i famosi e tanto attesi decreti attuativi che devono ridisegnare il sistema. Nel mondo sportivo nessuno parla, ma la mossa del ministro è stata vissuta come un terremoto. È invece scontro palese nel mondo politico, pure nella maggioranza. Italia Viva con Daniela Sbrollini parla di un «blitz di Spadafora visto che le scadenze delle presidenze del Coni e delle Federazioni non erano previste negli accordi di maggioranza». Spadafora le risponde duramente: «Mi sorprende che di un testo che contiene norme generali e innovazioni importanti per centinaia di migliaia di lavoratori sportivi e atleti, l’onorevole Sbrollini e la gran parte del dibattito si concentrino sul numero di mandati di una decina di persone».

Non se n’era parlato

Il Testo è stato un boato improvviso. È vero che qualche settimana se n’era parlato, ma non sarebbe stato tirato fuori in nessuno degli incontri fra Spadafora e Malagò, incontri da cui peraltro il presidente del Coni era uscito soddisfatto per il ritorno all’autonomia sancito dalla soluzione della «pianta organica», in pratica una separazione non del tutto consensuale con Sport e salute.

Interpretazioni

Sui due passaggi shock, il no al terzo mandato (per Malagò) e il no al quarto per le federazioni(a essere escluso dal conto il presidente paralimpico Luca Pancalli, visto che il Cip è nato come ente pubblico soltanto nel 2018), si sono rincorse nella giornata svariate soluzioni interpretative. Si faceva strada l’ipotesi che Malagò, nella sua qualità di membro Cio potesse avere comunque diritto alla ricandidatura. Mentre alcuni presidenti federali ritenevano ancora in piedi la «norma transitoria», quella che consente di presentarsi per un ultimo mandato, anche con vent’anni di presidenza nel curriculum. Ma queste interpretazioni non hanno trovato una conferma da parte del ministero dello Sport.

Questo non vuol dire che la norma andrà in meta. La prossima settimana, Spadafora vedrà le forze politiche di maggioranza. Ma non si tratterà di un vertice. Piuttosto di incontri singoli con 5 Stelle, Italia Viva, Leu e Pd.

«Contra personam»

Ecco, il Pd. Non è un mistero che in queste settimane il confronto con Spadafora, accusato di voler giocare troppo da solo, sia stato molto complicato. Patrizia Prestipino firma una prima reazione: «A una prima lettura, alcune norme sembrano contra personam». Cioè contro Malagò. «Ma si tratta di un testo molto complesso e articolato, a tratti rivoluzionario, innovativo, a tratti con passaggi che lasciano molto perplessi. Vogliamo approfondire l’esame». Spadafora vuole andare velocemente. Anche se l’emergenza Covid ha dato tre mesi in più al governo per scrivere le leggi delega (nel caso di quella dello sport si andrebbe all’8 novembre). Il ministro dello Sport vorrebbe riuscire a tagliare il traguardo già ad agosto.

Marin attacca

L’opposizione, che nel suo incontro con Spadafora aveva sconsigliato di procedere alla riduzione dei mandati, ora rende pubblica la sua contrarietà. È Marco Marin, sciabolatore olimpionico e deputato di Forza Italia a parlare di «comportamento che non rende giustizia prima di tutto allo Sport italiano, un mondo che Spadafora non conosce e sembra vivere con fastidio e indifferenza».

Un terzo a rischio

Lo scontro è totale. I presidenti non più candidabili sono un terzo dei 44 in carica. Nei sussurri di queste ore si denuncia il «metodo», l’accelerazione con cui Spadafora rischia di spiazzare un pezzo di classe dirigente dell’Italia sportiva anche nel contesto internazionale. D’altro canto il Ministro è convinto che l’esigenza di ricambio non sia più rinviabile. Anche la norma sull’incompatibilità è declinata in maniera ultra estensiva: «L’assunzione e il mantenimento della carica degli organi di cui al comma 1 è incompatibile con gli incarichi politici e dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico». Ricambio sacrosanto o furore che rischia di creare un vuoto pericoloso?

Valerio Piccioni-La Gazzetta dello Sport sabato 11 luglio 2020

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