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Nodo mandati, Spadafora attacca ma sul Coni arretra

Vincenzo Spadafora andrà fino in fondo sulla riduzione del limite massimo dei mandati per i presidenti di Coni e federazioni che può impedire a Giovanni Malagò e a un terzo abbondante di classe dirigente dello sport italiano di ricandidarsi? Ieri, via Facebook, sono arrivate alcune indicazioni. E le prime risposte (e non risposte) del ministro dello Sport vanno in direzioni (apparentemente) contrarie. I 12 anni potenziali di Malagò diventati otto nel testo unico della legge delega non sono stati neanche citati. Dando l’idea che su questo fronte ci si prepari a una retromarcia. Sui presidenti federali, invece, Spadafora è andato giù durissimo. «Ce ne sono 16 che sono lì da quasi trent’anni, comunque da prima dell’attentato alle Torri Gemelle o dai tempi della lira…

Autonomia minacciata? Questa cosa mi fa sorridere: 12 anni di presidenza sono tantissimi». E ancora: «Sono disponibile a un confronto in streaming con loro. Penso che lasciare dopo tanto tempo non sia scandaloso, un bravo dirigente deve preparare una successione».

«Conta altro»

Attenzione, però. Spadafora definisce la storia dei mandati «secondaria». A un certo punto dice: «Io sono aperto a tutto, proprio perché non è una riforma contro qualcuno». E fa rimbalzare la palla dall’altra parte, soprattutto nel campo della sua maggioranza. In pratica – questo sembra essere il ragionamento – se ci sarà una spinta per cambiare, lui ne prenderà atto. Perché, questo dice il Ministro, le norme che contano sono altre, e cita quelle sulla «tutela dei lavoratori sportivi, l’abolizione del vincolo “medievale” nel dilettantismo, il professionismo femminile e la fine della distinzione di genere, le norme per i diritti degli animali-atleti in particolare».

Road map e frenate

Per questo, Spadafora chiede di procedere velocemente. E stila la sua road map: incontri con le forze politiche, arrivo del testo in consiglio dei ministri a fine luglio, passaggi in commissione e alla conferenza Stato-Regioni per arrivare al traguardo «a settembre». Ecco, qui i tempi sono, se non tutto, molto. E c’è una notizia. Oggi Spadafora vedrà le delegazioni di Italia Viva e Leu, ma non è stato calendarizzato l’incontro con il Movimento 5 Stelle, che avrebbe chiesto più tempo.

«Serve tempo»

E la stessa richiesta potrebbe venire dal Pd che interviene con Andrea Rossi, uno dei deputati che ha seguito di più il varo della legge. «Abbiamo ricevuto il testo venerdì. E proprio per il lavoro fatto dal Ministero e dal suo ufficio sport, mi sembra logico disporre di un tempo per approfondire le questioni». Di che tempo parliamo? «Di qualche settimana». Questo potrebbe fare slittare i tempi. Creando un possibile effetto collaterale: una corsa alle federazioni, che non sarebbe proprio una scelta istituzionale da incorniciare, per fissare le elezioni il più presto possibile e bruciare sul tempo l’introduzione della norma. Rossi, però, ricorda che proprio il Pd ha contestato l’allungamento della finestra elettorale e l’aumento della discrezionalità federale per fissare il voto. «Non possiamo ridurre una legge così importante alla questione dei mandati. C’è una legge di due anni fa sull’argomento (quella firmata da Lotti a fine legislatura, ndr): vogliamo cambiarla? Discutiamone. Intanto ci chiediamo perché disallineare le regole». Riferimento alle due soglie diverse, due mandati per il Coni e tre per le Federazioni.

Eletti e nominati

I presidenti federali, chiamati in ballo dal Ministro, sono piuttosto prudenti. Interviene, invece, Luciano Rossi, presidente del tiro a volo da 27 anni: «Noi siamo eletti, a differenza di altri che sono nominati. Qui vogliono devastare un’organizzazione che funziona e ha i conti a posto». La sfida Ministro-presidenti continua.

Valerio Piccioni-La Gazzetta dello Sport martedì 14 luglio 2020

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