È in arrivo un’altra riforma dello Sport. Intanto un’osservazione generale: alla materia hanno messo mano tutti gli ultimi tre governi. Con Gentiloni a Palazzo Chigi c’è stata la riforma Lotti, di portata ampia. Poi nel primo governo Conte è nata la riforma Giorgetti che ha istituito Sport e Salute. Ora con il secondo governo Conte ecco la riforma Spadafora.
Non vorrei che lo sport diventasse quello che l’esame di maturità è stato per i ministri dell’Istruzione: un cantiere sempre aperto con continui cambi di formule e di indirizzo, il cui principale risultato è stato il disorientamento di famiglie, insegnanti e studenti.
Veniamo ai contenuti di questa legge delega (ma sarebbe stato meglio il coinvolgimento diretto del Parlamento) firmata da Spadafora. Alcuni punti sono condivisibili: l’incompatibilità per un dirigente sportivo con altri ruoli nella pubblica amministrazione è un principio giusto.
Forse qui l’incompatibilità è intesa in maniera troppo estensiva, ma non c’è dubbio sia un nodo che è arrivato il momento di sciogliere. Positivo è anche il sostegno alla pari opportunità tra uomini e donne nelle cariche direttive. Sui limiti dei mandati si è accesa ovviamente la polemica. Sia perché il tetto di tre e la contemporanea abolizione della norma transitoria che escludeva il mandato corrente farebbe decadere diversi presidenti federali, sia perché tocca il presidente del Coni, a cui viene fissato un tetto di due mandati.
Mi pare molto difficile che questa norma possa rimanere nella stesura finale. Perché? Semplicemente perché non ha senso. Il parametro per stabilire la durata massima di un presidente del Coni non può che essere la durata massima del presidente del Cio: dodici anni.
Qualsiasi altro parametro (i sindaci?) sarebbe sbagliato, fuorviante e, peggio ancora, insostenibile. Oltretutto abbiamo da poco incassato dal Cio il compito di organizzare l’Olimpiade del 2026, a Milano-Cortina, grazie ai voti conquistati soprattutto dal lavoro di Malagò.
Cambiare ora il presidente del Coni significherebbe cancellare il credito faticosamente riottenuto dopo l’incomprensibile no della Raggi alle Olimpiadi di Roma. Quanto al tetto per i presidenti federali, sarebbe stato meglio avviare una discussione con qualche mese di anticipo, non a ridosso delle elezioni.
Anche se si affronta un tema giusto, in questo caso il ricambio dirigenziale nel mondo dello sport, non significa che qualsiasi modalità vada bene. Il rinnovamento guidato è sempre meglio della rottamazione forzata.
Stefano Barigelli-La Gazzetta dello Sport martedì 14 luglio 2020