L’importanza dell’AGONISMO

Alpeadriajudo si pregia offrire ospitalità al Maestro Pierluigi Comino che presenta una serie di articoli su JUDO attualità, laddove “per attualità intendo anche riferimenti utili ad aggiornamento e formazione”. Questo primo intervento stimola la riflessione sul percorso intrapreso dalla competizione nel judo.

Considerando il JUDO nato dall’evoluzione dei metodi di combattimento corpo a corpo in un sistema organico ad indirizzi educativi etici ed estetici, non si deve dimenticare che l’edizione

“nihonden kodokan judo”

cioè

“kodokan judo secondo la tradizione giapponese”

 è stato il frutto di una attenta analisi sviluppata in una sintesi di ben preciso indirizzo dove proprio quello che generalmente intendiamo come agonismo anche se strutturato in gara trova un importante ruolo nella costruzione obiettivo: la persona utile alla società proprio come l’esercizio del termine agonismo intende:

“particolare impegno nella partecipazione ad una gara”

Il confronto con il sé e con terzi connaturato alla natura umana ed opportunamente gestito, attentamente evitata  la violenza e la sopraffazione consueto obiettivo  degli indirizzi marziali, viene finalizzato a migliorare le proprie capacità e risulta in offerta al partner, non si confina unicamente come abilità motoria o valenza fisica comune agli sport occidentali per ottenere effetti semplicemente salutistici o la supremazia ed il risultato comparativo, ma è utile a costruire nel tempo l’utilità dell’individuo, culturale  e sociale ben al di là dell’agognato podio e/o della medaglia o alloro, comunque riservato a ben pochi.

Un educatore non poteva diversamente impegnarsi nella costruzione di un metodo, metodo di apparenti contraddizioni, ma che con attenta rilettura offre sorprendenti e moderne intuizioni, proiettabili e valide anche per il futuro.

Il rapporto iniziale ed avviamento nasce infatti dall’offerta dell’esperienza individuata e mutuata anche dalle espressioni di scelta, la fase iniziale comincia su come ricevere e naturalmente da bell’inizio nasce anche un  fraintendimento meccanico, in quanto, se è ben vero che coerentemente alle abitudini del tempo (parliamo del Giappone della restaurazione MEIJI) il lato interessato è quello destro, dal punto di vista dell’offerente/agente si parte dal lato più debole cioè quello sinistro, poi interviene e segue la bilateralità inconsueta per le arti marziali tradizionali, una costruzione che parte dalla crescente ma graduale difficoltà di ricezione dell’insegnamento per un dichiarato obbiettivo ben diverso dalla fisicità.

Altro aspetto importante è la postura e l’equilibrio prima astratto poi adeguato al contatto di coppia che, incompreso, inevitabilmente porterebbe ed ha portato a deviazioni organizzate sulla base della forza o della valenza fisica e farebbe ricadere su stereotipi comuni alle varie forme di lotta, infatti il metodo parte dallo studio dell’equilibrio nei vari momenti, statica e dinamica per arrivare alla “pratica libera” che grazie ad alcune intuizioni già datate da centinaia d’anni, adeguatamente filtrate, permette di sviluppare la tecnica con esercitazioni ripetute in sicurezza  e pertanto ripetibili all’infinito fino ad interiorizzare l’occasione, il movimento, il controllo e creare, questo è il punto qualificante e sorprendente: originalità, personalità!

Questo aspetto della mentalità orientale ed in Giappone nato e diffuso con la cerimonia del The, successivamente adottato dalle altre forme artistiche era stato immediatamente recepito anche dalle arti marziali tradizionali nel periodo di proibizione dell’esercizio delle stesse; qui ricordiamo che con la Pax Tokugawa ed il paese chiuso per circa 250 anni, non ci sono state guerre, ovviamente si evita di citare e ricordare le oltre 1000 rivoluzioni cruentamente sedate per anno…. e tantomeno la manifattura, direi meglio industria delle armi da fuoco che ha portato il Giappone del periodo tra l’introduzione avvenuta verso la metà del 15° secolo e la restaurazione Meiji a produrre oltre il doppio di tutte le armi da fuoco prodotte nel mondo nel periodo.

Ritornando al sistema educativo KANO il confronto libero, lo spirito agonistico, la base tecnica hanno un ruolo fondamentale nella costruzione dell’individuo, proprio attraverso la gara tanto che la gara introdotta piuttosto tardivamente, il primo regolamento Kodokan data al 1895 cioè ben 13 anni dalla istituzione del metodo, successivamente più volte aggiornato fino alla volgarizzazione del 1930 quindi ben 48 anni dopo  resiste e conosce un lungo periodo di gestazione proprio grazie all’influenza della internazionalizzazione e  ha ben poco a che vedere con la gara coerente con il sistema di graduazione e di crescita ma indipendente dalle regole di competizione che si sono succedute.

Il regolamento gara inizialmente progettato per migliorare la sicurezza e garantire la qualità, coerente con il risultato, successivamente causa l’internazionalizzazione sportiva e non solo, trova edizioni certamente divergenti, potremmo dire più “occidentali” sostenute dall’IJF che dopo un primo periodo di sofferente sudditanza dalla struttura giapponese con la gestione Palmer (1965) inizia una interminabile revisione del regolamento tutt’ora in corso in senso decisamente peggiorativo.

Il regolamento condiziona la preparazione alla gara di quanti interessati cioè quasi la totalità dei neofiti e quindi necessariamente la didattica abbinata ormai obbligatoriamente alla preparazione fisica, indispensabili presupposti ad avviare a un confronto.

In poche parole, se il regolamento gara non è coerente con i dettati che caratterizzano il JUDO la gara non è di JUDO è una gara di lotta imbastardita da input JUDO e da altrettanti input provenienti da forme alternative di lotta.

Non è la gara JUDO o lo spirito agonistico che la anima ad essere dannosa in alcun senso anzi è un utile ed insostituibile strumento e supporto di crescita ed esperienza per i giovani e non più giovani ma è il regolamento che se non correttamente dimensionato e finalizzato, estraneo alla disciplina JUDO più che inutile, è anzi pericolosamente dannoso.

Resta il combattimento  libero il Randori dove nessuno chiede allo sfidante il peso o il grado o l’età ma ci si comporta come JUDO insegna, ma c’è da chiedersi se venga ancora praticato… la risposta è scontata ed è: NO! c’è di peggio ci si inventa il randori arbitrato come se chi riceve/effettua una tecnica non si renda conto da sé del valore del gesto ma attenda una valutazione di terzi purtroppo spesso inadeguati per preparazione, esperienza e qualità tecnica, non basta un fischietto a fare la differenza con il calcio…

NIHONDEN… secondo la tradizione giapponese, bene, ora  anche in Giappone dopo l’incontro ci si dà la mano, segno evidente che la tradizione è cambiata, recentemente ho assistito ad una gara tra scuole medie dove il vincitore si lasciava andare a gesti a cui il gioco del calcio ci ha da tempo abituati e questo nel “tempio” del Kodokan a Tokyo protagonisti ragazzi giapponesi…, fortuna che almeno attualmente i ringraziamenti alla divinità (non credo molto interessata al JUDO dato che comunque propone percorsi educativi alternativi e di proprietà riservata) sono stati espressamente vietati, divieto sempre più  spesso, però, disatteso… ma abbracci e carezze a fine  incontro vengono cortesemente scambiati – resta il fatto che se un mussulmano non vuole incontrare un ebreo o vice versa… si becca 10 anni di squalifica molto di più di quanti assegnati ai miscredenti che si affidano alla chimica per prevalere, se poi le cose malauguratamente si complicano con tensioni internazionali e/o guerre ecco che può partecipare solo chi occasionalmente gradito (Mosca – Los Angeles – Parigi?).

Altro problema alla soglia sarà posto dal professionismo e il mercato delle vacche dei giovani talenti, ma al momento mi limito ad indicare nel regolamento la causa di attuale disagio, abbandono e distorsione del JUDO e conseguentemente di preoccupazione per il futuro del JUDO, a raccomandare una attenta lettura delle recenti edizioni con il dovuto buon senso informato.

Chi l’autore, il responsabile?: i famosi WCs (World Champions) e l’assurda acquiescenza di federazioni ed individui più rappresentativi, i quali con il pretesto dell’innovazione, del progresso, dei media, audience,  del futuro etc. tacciono, senza poi parlare della mancanza di trasparenza, l’arbitro di tatami ci mette la faccia ma non sappiamo chi è il supervisore, l’anonimo direttore del play back, la guida via interfono  recentemente protagonista di boccaccesche decisioni poi emendate in tempi biblici senza che alcun provvedimento o correttivo  sia stato preso nei confronti delle evidentissime carenze, e soprattutto fatti salvi i carenti…

Ed ecco che la gara che proposta ed amministrata coerentemente agli insegnamenti di sistema, assistita dagli attuali mezzi invece che contribuire ad allargare la platea dei consensi va’ dritta, dritta all’esclusione, alla selezione ed al miraggio del dio denaro. Gli Emirati e paesi d’area Petrodollaro già arruolano e reclutano squadre di stranieri anche infedeli, purché da podio.

In tempi non sospetti ebbero a dire “Parigi val pure un messa!”

Continua… (prossimo appuntamento fra 15 giorni)

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