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Uno sguardo sul futuro con 167 anni di pratica e 16 dan

Insieme sommano 196 anni d’età e fino ad ora, 167 anni li hanno dedicati al judo. Praticamente sempre insieme. E da sempre Mario, Carlo e Roberto, citati in ordine rigorosamente anagrafico, condividono lo stesso tatami come dei veri e propri fratelli di judo. in realtà Mario e Roberto sono fratelli davvero e, con Carlo, hanno costruito una realtà di amicizia e condivisione judoistica più unica che rara.

Mario, classe 1958, è salito per la prima volta su un tatami nel 1965 ed in 59 anni di studio e pratica judoistica ha acquisito la qualifica di Maestro nel 2001 ed è stato promosso ad un alto grado, superando l’esame per il sesto dan nel 2018, decorrenza 2019.

È del 1958 anche Carlo. Se, quando nacque, avesse atteso soltanto qualche ora, sarebbe stato classe 1959. Sul tatami è salito per la prima volta nel 1970, quindi pratica da 54 anni, ha superato l’esame per il 5° dan nel 2001, decorrenza 2002 ed è insegnante tecnico, categoria istruttore, dal 1995.  

Roberto è il fratello di Mario ed è nato nel 1960, è entrato in una palestra di judo assieme a Carlo, nel 1970, 54 anni fa. È quinto dan dal 2008 ed insegnante tecnico dal 1998.

Molti fra i lettori di queste righe (e non solo nell’ambito del nostro club) già conoscono bene Mario, Carlo e Roberto, ma se vi parlo di loro è perché sono riusciti a darmi ancora una volta un messaggio di grande positività.

E mi spiego.

Qualche sera fa siamo stati insieme.

Siamo coetanei, ci conosciamo da quando eravamo bambini, pertanto ritrovarsi di tanto in tanto, è ormai una piacevole consuetudine che, definirla annuale, è obiettivamente un’esagerazione, ma rimane pur sempre una consuetudine fra amici.  

Abbiamo trascorso una bella serata, con l’afa che aveva allentato un po’ la morsa e la grigliata alla sagra di Cussignacco che ha ricevuto solo voti positivi.

Abbiano chiacchierato, ci siamo scambiati aggiornamenti sui malanni di ciascuno, abbiamo spolverato qualche vecchia storia, qualche aneddoto, e poi risate e pensate, finché inevitabilmente siamo finiti a parlare di judo.

Ed è stato proprio a questo punto che ho colto dei messaggi utili per chiunque si avvicini al judo o chi, fra i tanti giovani che già lo praticano, si sente fragile o poco appagato dai risultati.

In tutte le osservazioni, in tutte le considerazioni, analisi, proposte, idee che sono state fatte in quella bella serata c’è stato un solo obiettivo: lo sguardo rivolto al futuro per costruire quello che non c’è, per raddrizzare quello che già c’è ma potrebbe andare meglio, ma soprattutto vedendo ogni aspetto del mondo-judo con positività…

Per i nostri giovani, tutti i nostri giovani, si tratta di un messaggio prezioso, maturato con 167 anni di pratica, molti dei quali su tatami in paglia di riso, che al tempo sono stati il deterrente più efficace per cercare di non cadere. Ciononostante, Mario, Carlo e Roberto hanno gareggiato quel poco che al tempo si riusciva a gareggiare: hanno vinto e hanno perso, ma nel judo hanno continuato a trovare sempre un motivo di ispirazione e di studio. Che li ha portati ad una graduazione complessiva di 16 dan.

Tutti preparati assieme.

Continuando a rimanere nei decenni sempre a disposizione di chi avesse bisogno delle loro capacità e della loro (quasi) infinita pazienza.

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