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Cinquant’anni di judo, una storia iniziata il 7 ottobre 1963

foto2Udine, 7 ottobre 2013. Potrebbe sembrare incredibile, ma sono ancora nitide e chiare le immagini di quel lunedì 7 ottobre 1963. Era proprio un lunedì, anche il 7 ottobre di cinquant’anni fa e le immagini registrate dagli occhi avidi e curiosi, come sanno essere gli occhi vispi di due bambini di sette e cinque anni, si sono impresse nella memoria senza avere la minima idea che poi sarebbero riuscite a rimanere lì, a suscitare delle emozioni, per così tanto tempo. Avevamo sette e cinque anni Furio ed io, quando per la prima volta mettemmo i piedini su un tappeto per il judo. Chiamarlo tatami sarebbe stata una forzatura per quel materasso morbido in cui si affondava e sul quale cadere era null’altro che piacevole. Da quel lunedì 7 ottobre tutto iniziò a suscitare emozioni: il primo Maestro (Carlo Mazza), i primi compagni di palestra (Mauro Bussani, Fulvio Galante i primi che ricordo), anche mamma Brunetta e papà Fabio, che per quella prima lezione ci accompagnarono entrambi, quasi a volerci trasmettere che era stato proprio là che si erano conosciuti e innamorati, come Roberto e Lilia Tandoi, come la maggior parte delle coppie triestine degli anni cinquanta, che nella “palestra grande” della Società Ginnastica Triestina si erano incontrati ed avevano incontrato lo sport. Judo era qualcosa di nuovo a Trieste, approdato solo da qualche anno e Furio ed io lo pronunciammo all’unisono quando ce lo proposero nel soggiorno di casa a San Luigi, mamma diceva nuoto, papà judo. Fu così, che arrivammo sul “tatami” quel lunedì 7 ottobre, felici di scoprire. E scoprimmo, e imparammo, e trovammo amici, tanti, e stimoli, tantissimi, diventammo ragazzi e quei piedini sono cresciuti, ma sono rimasti sempre là. Sul tatami. Gioie, sofferenze, sacrifici, condivisioni, amicizie, rivalità, è un elenco lunghissimo quello che il tatami ci ha offerto come un Maestro generoso. Se n’è andato mezzo secolo da quel lunedì 7 ottobre 1963 ed i piedi si sono ormai induriti per l’età e per cinquant’anni di pratica, ma ancora amano percepire quel tatami che scivola sotto. Mai avrei immaginato che un ricordo riaffiorasse così nitido e da così lontano. E se fra tutte, dovessi scegliere qual è stata l’emozione più forte e bella di questi 50 anni sul tatami, non ho incertezze, è la relazione con tutte le persone, straordinarie e bellissime che ho avuto l’opportunità di conoscere, apprezzare, amare. E sono un’infinità. Ciascuna con le sue particolarità fondamentali ed insostituibili. Sul tatami. A tutti, grazie. Anche da parte di Furio. Enzo de Denaro

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