SENTENZA UE: I RISCHI DEL «LIBERA TUTTI»

Neues Europaparlament, Aussenansicht, in Strasbourg. 14.05.2001. , Abdruck honorarpflichtig © UTE GRABOWSKY, TEL.: 02241-203095, FAX: 02241-203094 #

Non c’è da fasciarsi subito la testa ma la sentenza emessa venerdì dalla Commissione Esecutiva dell’Unione Europea rischia di portare veramente lo sport del nostro continente sull’orlo del baratro. A quanto pare, infatti, a dover indossare il casco per evitare di rompersi l’osso del collo in questo precipizio normativo non sono solo gli atleti in pista lunga — disciplina molto popolare in Olanda ma marginale in Italia – ma tutti quei soggetti sportivi che potremmo definire «titolari di un contratto commerciale». Ma vediamo di cosa si tratta: la Ue ha in pratica stabilito che l’Isu (la federazione internazionale degli sport del pattinaggio su ghiaccio) non poteva impedire a Mark Tuitert e Niels Kersholt di partecipare a una gara sudcoreana a inviti da cui avrebbero ricavato un guadagno economico per la semplice ragione che quel divieto viola le leggi europee dell’Antitrust. Se vi sembra cosa di poco conto provate a leggere la reazione arrivata a stretto giro di posta (anzi, addirittura preventiva) da parte del Cio che ha ribadito come i casi sportivi appartengono alla giurisdizione del Tas (la Corte di Arbitrato degli sport con sede a Losanna) e non di una commissione «politica». «Se tutti i problemi dell’Europa vengono esaminati solo in prospettiva economica, il valore sociale dello sport è perduto», ha sentenziato il presidente del Cio Thomas Bach.
Ma perché una decisione della Ue, apparentemente di secondo piano, si configura agli occhi delle federazioni sportive come un nuovo caso Bosman (quello che nel calcio ha liberalizzato lo scambio dei calciatori all’interno dell’Unione Europea)? Perché da oggi ogni atleta agonista che fa della attività sportiva una fonte di sostentamento potrebbe appellarsi alla Ue contro la propria federazione per farsi valere. Accantonata per il momento la contrapposizione fra la Fiba e l’Eurolega nel basket, ci vengono in mente due esempi che riguardano la maratona: 1) Un atleta che venga cooptato per i prossimi Mondiali di Berlino e preferisca invece partecipare alla più remunerativa gara di New York potrebbe appellarsi alla Ue per far valere il suo «diritto di guadagno». 2) Londra e Berlino, che insieme alle altre quattro grandi maratone mondiali costituiscono il circuito delle Majors, allo stesso modo potrebbero uscire dalla Iaaf. Gli esperti di diritto sottolineano l’anomalia di un Tribunale Europeo che si sostituisce a quelli nazionali per le decisioni e auspicano come unica soluzione salva-sport un accordo preventivo fra Cio e Ue che metta in discussione anche la presenza dei cittadini europei alle Olimpiadi. Scusate se è poco…
di Fausto Narducci (La Gazzetta Sportiva – domenica 10 dicembre 2017)

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