Vallortigara, il segreto? «Ha pazienza, impara in fretta e non si arrende»

Vive, da sempre, di atletica. In senso figurato, ma non solo. Stefano Giardi, 49enne senese, orgoglioso contradaiolo del Montone, è l’uomo che sta dietro agli exploit di Elena Vallortigara. A sua volta ex saltatore in alto (un personale di 1.95), allenatore federale di quarto livello, responsabile del settore salti del comitato toscano, da una quindicina d’anni è d.t. e presidente dell’Uisp, la società storica della città del Palio, in passato organizzatrice del Meeting dell’Amicizia. Diplomato al liceo Scientifico, ha studi universitari in Matematica («fino a due esami dalla laurea – ricorda – poi il campo mi ha risucchiato»). Appassionato a 360°, tiene corsi di attività motoria, campi estivi e doposcuola («Di qualcosa devo pur campare – sorride – e il lavoro coi bambini è stimolante come quello che, per 17 anni, ho svolto coi disabili mentali. Se sai insegnare a loro, con gli altri è più facile»). Ha allenato e allena atleti di tutte le specialità, prove multiple comprese, soprattutto velocisti e saltatori. Alcuni li ha portati fino all’azzurro giovanile, altri a buoni livelli nazionali (Filippo Costanti a 47”37 sui 400, Matteo Baldi a Anna Pau a 2.07 e a 1.86 in alto), una a Mondiali e Olimpiade: la 30enne nigeriana Doreen Amata, personale di 1.95, 8ª nella rassegna iridata di Daegu 2011, 17ª ai Giochi di Londra 2012. Sulla pedana dove la Vallortigara, domenica, è volata a 2.02. Giardi ha due figlie: Matilde e Giulia. Han fatto e fanno atletica: ovvio, no?
Stefano, come ha reso possibile questo miracolo?
«Nessun miracolo. Solo una bella collaborazione che ci sta portando a quei risultati per i quali abbiamo cominciato a lavorare un paio d’anni fa. E, per me, un sogno che si realizza».
Come avete cominciato?
«Elena s’è presentata nell’agosto 2016, portata da Gianni Tozzi, responsabile della Forestale e da Ilaria Ceccarelli, referente degli ostacoli dello stesso club, il suo prima che confluisse nei Carabinieri. Era reduce da anni di problemi, ne aveva provate tante, stava valutando un trasferimento all’estero. Abbiamo parlato. Dopo un paio di mesi ha preso casa a Siena».
In che condizioni era?
«Saltava due volte 1.60 e doveva stare una settimana a riposo, piena di dolori. Così, per quattro mesi, abbiamo fatto solo esercizi posturali. Li ripetiamo ancora oggi, tre volte alla settimana. L’allineamento del bacino è diventato più stabile. E da lì, con piedi finalmente più brillanti, è ripartita».
Nell’inverno 2017 ha subito vinto gli Assoluti indoor con 1.87, misura che non superava dal 2010…
«Ma tecnicamente non era ancora consolidata. Non aveva ancora le giuste cartucce da sparare. E il cappello dell’1.91 fatto da junior restava molto pesante. Tanto che la stagione all’aperto è stata complicata».
Quanta pazienza c’è voluta?
«È un suo grande pregio. Da sempre. Senza, non sarebbe qui. Anche perché a inzio gennaio 2018 s’è di nuovo fermata per una botta al tallone del piede di stacco».
Quante altre avrebbero insistito, a quel punto?
«La ricostruzione psicologica è andata di pari passo a quella atletica. Il resto, ritrovata la giusta ritmica, una rincorsa fluida di otto passi con tre di preavvio e riferimenti al quint’ultimo e al terz’ultimo appoggio, nonché buoni collegamenti tra le tre parti del salto, è venuto di conseguenza. Ed è la storia degli ultimi tre mesi. Elena è tornata incisiva allo stacco, sono arrivate le misure e sono cambiate le prospettive».
Fino a «passare» 1.98 in una tappa di Diamond League…
«Ho condiviso la scelta: era chiaro che i due metri erano maturi. Dove arriverà? Anche oltre i 2.02, subito o in futuro».
Perché il vostro rapporto funziona così bene?
«Elena è un’atleta adatta a me: io sono razionale, lei diligente e curiosa. Soprattutto apprende in fretta. Ed è ciò che distingue i campioni dagli altri».
Quali sono i suoi maestri?
«Studio Vittori, prendo da Corradi e da Tamberi, apprezzo l’approccio posturologo di Canali, “rubo” un po’ da tutti. E applico allo sport quel che so di matematica e altre materie. Seleziono: sono competitivo, ho bisogno di stimoli».
di Andrea Buongiovanni – La Gazzetta dello Sport di martedì 24 luglio 2018

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