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Pensieri, riflessioni, ricordi del Team operativo del Judo Winter Camp

Udine, 31 dicembre 2015. Ormai ci siamo, poche ore soltanto e sarà 2016. E poi sarà già l’ora del Judo Winter Camp, perché il 2 gennaio si monta il tatami, si allestisce, si mette a punto il lavoro che in questi giorni ha occupato il Team del Dlf Yama Arashi a rispondere ai quesiti, registrare prenotazioni, soddisfare richieste, diffondere informazioni e fare tutte quelle piccole cose cui non si pensa, ma che concorrono a far sentire l’ospite a proprio agio quando arriva, quando viene accolto come il più gradito ed atteso. Per chi fa parte del Team, chiunque fa qualcosa affinché tutto vada sempre per il meglio, ognuno è pronto a mettersi a disposizione dell’emergenza che, in situazioni come questa, vuoi un ritardo, un transfer, una semplice cortesia, ma è ordinaria amministrazione che, talvolta, riuscire a stare sul tatami e fare judo diventa un lusso. Questi i pensieri, riflessioni e ricordi sul Judo Winter Camp di alcune ragazze e ragazzi che di questo team fanno parte.
Agnese Piccoli: Per prima cosa penso al Winter Camp e mi viene in mente il pagellone riassunitivo con le perle e i voti del campo che scrivo ogni anno al termine della maratona di legnate. Una cazzata per molti, per me invece rappresenta la risposta alla tua domanda… Quello che cerco ogni anno di far venir fuori in maniera pittoresca è quello che c’è dietro le quinte, quello che viviamo e che condividiamo in quei tre/quattro giorni assieme. Parli di Winter Camp e penso subito contro quale campione avrò l’onore di fare qualche randori… sarò forse strana, ma ti confesso che per me judoka così “normale” l’idea di poter combattere contro atleti di un certo livello, che in gara sicuramente non sfiderò mai, mi emoziona un sacco! Porto ancora un ricordo incredibile di quando Urska mi ha invitato per fare il primo randori nel Winter Camp 2012 e pochi mesi DSC_6520dopo ha vinto le Olimpiadi (casualità? non penso proprio :)… per me è stato un’onore e me ne vanto ancora in giro… Del Winter Camp mi colpisce sempre l’organizzazione, come pure quella dell’Alpe Adria, e non perchè sono di parte (lo pensavo già quando ero ancora dal DECA)… un’attenzione e una cura nei dettagli veramente impressionante, da dentro capisci che nulla è lasciato al caso… arrivi e SBAAM: ti senti come a casa! Per me Winter Camp vuol dire casa! È anche uno dei motivi per cui non mi pesa il fatto di dover “usare” così le mie poche ferie da lavoro! Ovviamente dal punto di vista sportivo la mole di lavoro si fa sentire eccome, e non nego che molto spesso vengono giù fiumi di imprecazioni, ma vuoi mettere la soddisfazione che hai al termine del camp a sapere che sei sopravvissuto? Cominciare l’anno con il Winter Camp mi dà una carica e una quantità di stimoli incredibili, perchè ti permette di confrontarti e di capire a che punto sei, a che punto sono gli altri, da dove ripartire, dove migliorare, ti dà l’opportunità di sperimentare cose nuove e di rubarne altre agli altri anche solo con uno sguardo… osservare… è una cosa che ho imparato a fare da un paio di anni… mi piace guardare questi fenomeni e capire cosa fanno loro in quella situazione, come la risolvono… se penso sia utile la focalizzo per bene e poi me la scrivo nel mio libretto delle cose “da fare/provare” altrimenti la cestino. Ovviamente poi c’è ben altro ma non tutto è spiegabile o non mi viene in mente ora… secondo me bisogna viverlo e basta!!!
Elisa Cittaro: Winter Camp insieme all’Alpe Adria sono gli appuntamenti dell’anno per la nostra grande famiglia, lo Yama Arashi.  E per me è un momento di condivisione, di gioia, sudore ma soprattutto divertimento! È sinonimo di massima organizzazione. Dall’esterno sembra tutto DSC_6709facile e perfetto: gli atleti arrivano, si sistemano in hotel, salgono in tatami, hanno la possibilità di allenarsi con molti atleti di fama internazionale senza alcun problema. Per far sì che ciò accada c’è bisogno di un grande lavoro e organizzazione collettiva: ogni tesserato e non, contribuisce a modo suo alla sua realizzazione. C’è chi monta i tatami (spesso litigando), chi sistema i vari cartelli informativi, chi abbellisce la palestra, chi si occupa della parte burocratica… ognuno dona un pezzo di sè affinché tutto sia perfetto! In poche parole il Winter Camp siamo noi, è il frutto del nostro lavoro e collaborazione ed è un onore farne parte!
Marco Ciannavei: Difficile spiegare cosa provo nell’organizzare il Winter Camp. Sicuramente i 4 giorni di stage sono il momento forse più tranquillo e facile da affrontare. Ormai c’è una macchina che si muove con una sincronia talmente DSC_7218“perfetta” (mi si conceda il termine) che ogni piccolo inconveniente o richiesta bizzarra viene risolta in pochi minuti. Tutti collaborano: è bellissimo sapere di essere una delle ruote del meccanismo di un orologio che si fermerebbe se venisse a mancarne ognuna di esse. Ogni ruota infatti deve poter girare, svolgendo il proprio ruolo, ma deve anche essere in grado di aiutare le altre a girare, interagendo e mettendosi al servizio se serve. Questo è quello che provo: sono orgoglioso di essere una piccola ruota del meccanismo di questo bellissimo e prezioso orologio che si chiama Winter Camp, o meglio Yama Arashi!
 Alessandro Cugini: Vivo il Winter Camp da anni, ma solo negli ultimi ho capito cosa c’è dietro veramente. Quanto lavoro serve a fare andare tutto come si programma all’inizio, cercando di non fare mancare niente a nessuno. Anche se ci sono mille persone. Mesi di lavoro e organizzazione minuziosa. Sono entusiasta di essere anche solo un piccolo ingranaggio di questa macchina perfettamente oliata ormai. Perché poi durante l’anno le persone che lo vivono continuano a parlarne e ripromettere di parteciparvi anche l’anno successivo. Il bello è che c’è qualcosa da fare per ogni fascia di età. Non è solo randori e fatica. Ma anche risate, sorrisi, piscina, gioco e stare assieme. Che, a ben vedere, le amicizie che si possono creare sono le cose più durature nel tempo e che potranno accompagnarci anche una volta finito il periodo dell’agonismo.
Giulio Cittaro: Mi sembra ieri ed invece sono passati ben 10 anni! Avevo 14 anni ed era il primo stage in cui stavo per più giorni fuori casa. All’epoca lo stage si faceva nel complesso  sopra le piscine della Getur. Era un posto molto più piccolo dell’attuale palestra in cui si svolge il Camp, ma tuttavia c’era molta gente con cui fare. Oltre ad un aspetto puramente judoistico (dal livello non trascurabile per di più) c’è un lato formativo che porta lo stage. Ricordo infatti che ho iniziato ad essere indipendente. È una prova di autonomia: sveglia, pasti e puntualità agli allenamenti per più giorni non sono semplici quando non si è abituati da giovani. Oltre a questi aspetti il Camp mi ha fatto conoscere e stringere amicizie con i miei compagni di club che durano tuttora.
DSC_6575Lorenzo Bagnoli: Ogni volta che si calca la materassina del Getur, ogni allenamento con 1000 mt di tatami sotto i piedi ed oltre 700 atleti da guardare e ammirare mentre giocano con il loro equilibrio e con la voglia di confrontarsi tra campioni e con i campioni del momento, si crea un clima sensazionale. Tutto quello che gira attorno al Winter Camp, è qualcosa che si gusta giorno dopo giorno e che raggiunge l’apice dopo l’ultimo allenamento lasciando dietro di sè anche un pizzico di tristezza. Come il giorno che segue il Natale. L’edizione del 2016 non sarà da meno, anche se questa volta interpreterò un ruolo dietro le quinte. DSC_6938
Mirko Tambozzo: La “friulanità” espressa da Laura la condivido e la sento anche mia. Siamo gente concreta e pratica. Ospitale con chi ci è amico, sincero e onesto, credente nel lavoro e molto umile…. con tanta, forse anche troppa UMILTE’!!!!! @LE
Giada Medves: Il Winter Camp per me è il primo appuntamento importante dell’anno per ritrovare gli amici vicini e lontani, per confrontarmi ogni volta con gente nuova… Ma soprattutto… BALDORIA E DIVERTIMENTO!DSC_6692
Matteo Medves: È dal 18 dicembre che non indosso un judogi e non vedo l’ora di riprendere… A casa. In un certo senso la cosa vale anche per Elena, che è ferma da un pò più di tempo per l’operazione al dito.DSC_7506
 

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