World Masters 2016

Da Spilimbergo a Rio, la seconda Olimpiade di Elisabetta Fratini

Udine, 1 agosto 2016. Elisabetta Fratini è in partenza per Rio de Janeiro. Dopo Londra 2012, è alla sua seconda partecipazione alle Olimpiadi e la vede ancora una volta unica judoka del Friuli Venezia Giulia ad aver preso parte ai Giochi Olimpici. Non in veste di atleta purtroppo, ma da buona friulana DOC, nata a Spilimbergo 51 anni fa, Elisabetta è diventata da otto anni a questa parte un’instancabile giramondo nel ruolo di ‘event runner’ della federazione mondiale judo, la IJF. Il suo ruolo è cruciale, praticamente consiste nella gestione e coordinamento della regia di gara. “Una serie di mansioni informatiche che, dopo Londra, si sono molto evolute – ha detto Elisabetta Fratini – camminando, anzi correndo contestualmente all’enorme sforzo profuso dall’IJF sul piano organizzativo e sul piano economico. Dopo gli eccellenti risultati di popolarità e visibilità che il judo ha registrato a Londra, si è puntato ad un ruolo di avanguardia rendendo l’organizzazione sempre più professionale e sostanzialmente sempre più professionistica”. Elisabetta infatti, che parla cinque lingue e tempo fa ha lasciato l’agenzia di traduzioni della quale era socia per dedicarsi full-time al mondo del judo, oggi è decisamente una professionista. “Sembra ieri che preparavo la partenza per Londra – ha detto – ed eccoci alla vigilia di un’altra Olimpiade. Ma quanto si è lavorato in questi quattro anni, sempre, senza sosta. In aprile ad esempio, si sono svolti tutti e 5 i campionati continentali ed io ne ho fatti tre, Asia, Africa e Panamerica, mentre gli Europei li ho visti alla TV”. Quali sono gli imprevisti che possono accadere in questo tipo di lavoro? “Tenendo conto della massima attenzione posta nella preparazione e allestimento dei campi di gara, i black out o le sospensioni tecnologiche sono ridotte ai minimi termini e le squadre di emergenza sono efficientissime, però mi è accaduto di dover preparare una gara (liste atleti, sorteggi ecc.) sull’aereo in volo, perché una grande nevicata ne aveva ritardato la partenza per la Corea. Per rendere l’idea, posso dire anche che questa è la terza volta che ritorno a Rio quest’anno, dopo essere stata all’Omologation Test (riunione per adeguarsi con il sistema di gestione delle Olimpiadi) in gennaio ed al Test Event in marzo, praticamente una gara con categorie e numero di atleti identico delle Olimpiadi, con volontari, giudici ed arbitri per testare tutto in due giornate soltanto”. Come vivi invece le gare vere e proprie, le emozioni e le relazioni? “Mi ritrovo a trascorrere davvero tanta vita con atleti, tecnici, colleghi, staff vari che ogni volta conosco ognuno sempre meglio e finisco con il condividere gioie e dolori. Vedo sogni che si accendono, altri che si spengono nel giro di pochi istanti, ma l’Olimpiade è sempre una gara a sé, un evento molto sentito, importantissimo, che viene condizionato dalla casualità più assoluta”. E l’Italia a Rio come la vedi? “Questa volta la qualificazione conquistata nelle ultime gare da quegli azzurri che nessuno si aspettava, dimostra quanto sia forte la spinta di un sogno ed è la prova che bisogna crederci sempre”. Elisabetta Fratini, che ha iniziato a fare judo da piccola, è terzo dan, insegnante tecnico ed ufficiale di gara e si appresta a vivere la sua seconda esperienza olimpica. Non c’è dubbio, bisogna crederci sempre.

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