L’episodio si è verificato venerdì al termine del combattimento tra i due, ora la squadra araba ha deciso di allontanare l’atleta e rispedirlo a casa.
Tre giorni dopo l’episodio sul tatami, ma la sanzione è arrivata. La squadra di judo egiziana ha rispedito in patria Islam El Shehaby che venerdì si era rifiutato di stringere la mano al suo avversario, l’israeliano Or Sasson, che peraltro l’aveva battuto. El Shehaby, già sul podio nel Mondiale del 2010 avrebbe ricevuto pressioni da gruppi islamici egiziani per non gareggiare contro il judoka con la Stella di David come già fatto da altri rappresentanti del mondo arabo in passato. Lui è, invece, sceso sul tatami, ma dopo la sconfitta si è fermato e non ha accettato la mano dell’israeliano. Rifiutando anche di commentare, con i media del suo Paese l’accaduto. “Sono situazioni molto personali, non ne voglio parlare”, avrebbe detto El Shehaby al termine del combattimento che potrebbe anche essere l’ultimo della sua carriera. A 34 anni parrebbe, infatti ,intenzionato a lasciare il judo.
PRECEDENTI — Non è questo l’unico episodio accaduto a Rio di discriminazione nei confronti di rappresentanti di Israele. Nei giorni scorsi il capo delegazione del comitato olimpico libanese è stato convocato dagli organizzatori dei Giochi per una lavata di capo: il giorno della cerimonia d’apertura, infatti, era stato chiesto a libanesi e israeliani di condividere un pullman per raggiungere il Maracanà. Il dirigente libanese si era rifiutato. E così la delegazione israeliana aveva raggiunto lo stadio con un altro mezzo, mentre ai libanesi e – indirettamente a tutti gli altri stati che non riconoscono lo stato ebraico – era stato mandato un monito per cui non discriminassero ulteriormente gli atleti israeliani durante questi Giochi di Rio. Un paio di giorni dopo un altro episodio “strano” o quantomeno sospetto era accaduto a un saudita, ancora nel judo. Joud Fahmy si era ritirato da un match contro il rappresentante delle Isole Mauritius. Si era avanzata l’ipotesi che questo ritiro fosse viziato dal fatto che in caso di vittoria il saudita sarebbe andato contro un altro judoka israeliano, Gili Cohen. Ma non ci sono conferme ufficiali perché anche Fahmy non ha mai ammesso la scelta.
PRECEDENTI — Non è questo l’unico episodio accaduto a Rio di discriminazione nei confronti di rappresentanti di Israele. Nei giorni scorsi il capo delegazione del comitato olimpico libanese è stato convocato dagli organizzatori dei Giochi per una lavata di capo: il giorno della cerimonia d’apertura, infatti, era stato chiesto a libanesi e israeliani di condividere un pullman per raggiungere il Maracanà. Il dirigente libanese si era rifiutato. E così la delegazione israeliana aveva raggiunto lo stadio con un altro mezzo, mentre ai libanesi e – indirettamente a tutti gli altri stati che non riconoscono lo stato ebraico – era stato mandato un monito per cui non discriminassero ulteriormente gli atleti israeliani durante questi Giochi di Rio. Un paio di giorni dopo un altro episodio “strano” o quantomeno sospetto era accaduto a un saudita, ancora nel judo. Joud Fahmy si era ritirato da un match contro il rappresentante delle Isole Mauritius. Si era avanzata l’ipotesi che questo ritiro fosse viziato dal fatto che in caso di vittoria il saudita sarebbe andato contro un altro judoka israeliano, Gili Cohen. Ma non ci sono conferme ufficiali perché anche Fahmy non ha mai ammesso la scelta.