Palla fuori o anche no

C’è un momento in cui il calcio che venera i fatturati come se fossero cattedrali ritorna all’oratorio, con le mamme e le nonne dietro le reti a marcare i pargoli sudanti. È il momento in cui devi restituire la palla perché un avversario, nel ricordo del portiere di Umberto Saba, è «caduto alla difesa ultima vana».Ci sarebbe il regolamento, che affida all’arbitro la sacralità di interrompere la funzione, come sui campi spelacchiati dei nostri sogni toccava al parroco, ma l’agonismo moderno si è inventato il fair play, con trasferimento dell’attrezzo in fallo laterale e «ritorno» del medesimo da parte dei sodali del ferito. Dove, dipende dal momento, dal movente e dal fine di lucro: di solito, il più lontano possibile.La prassi non scritta cataloga nel girone dei «traditori» coloro che non si adeguano. Così è stato per Maurizio Sarri in Napoli-Juventus di Coppa Italia, quando mancava un pugno di minuti alla fine e lo svenimento di Juan Cuadrado non riuscì a commuoverlo. Da qui l’ordine di fregarsene, in bilico tra l’aggravante di aver preso a pedate nel sedere il galateo e l’attenuante di aver evitato una presa per il sedere.In passato, e sempre in coppa, un cuoio non riscosso dal Milan di Arrigo Sacchi costò all’Atalanta un rigore che, a sua volta, portò all’eliminazione. Lo sdegno raggiunse picchi fragorosi. C’è poi un problema nel problema, non meno singolare, non meno suggestivo: e anch’esso, naturalmente, di complicata soluzione. Arriva, fresco fresco, dal derby di Madrid. Va giù Cristiano Ronaldo, l’Atletico continua, il Bernabeu strepita, il Real recupera e va all’attacco, il Bernabeu non strepita più e quasi quasi se la prende con Marcelo che, suddito fedele, ferma l’azione. L’episodio divide e confonde: ridurre i princìpi di lealtà al possesso palla non sembra il massimo.Il recupero ed eventualmente il recupero del recupero dovrebbero scoraggiare i simulatori e placare, a un tempo, l’ira funesta dei «samaritani per forza». Sarà un caso, ma in Inghilterra, culla della civiltà sportiva – talvolta per convenzione, spesso per convinzione – le restituzioni suscitano fastidio. La scorza britannica presuppone un rapporto con il muscolo che va oltre la lettura di una caduta o la traduzione di un frontale. Sempre che l’evidenza non disarmi coloro che sentono puzza di sceneggiata.Nella finale mondiale del 1982, Francesco Graziani si lussò una spalla e, pur dolorante, rimase in campo finché non gli subentrò Alessandro Altobelli. Sappiamo come andò a finire. Sappiamo anche che, in quel paio di minuti di tortura e di trambusto, non uno, italiano o tedesco, rinunciò a giocare.Le sfumature di malizia si mescolano agli slanci o alle esigenze di generosità. Nel corso della sfida con il Chievo, il destino ha chiamato la Juventus a una «riconsegna». È partito l’ordine di non servire il portiere, come avrebbero gradito i giocatori di Rolando Maran, e così Stefano Sturaro, su dritta «panchinara» del dottor Giorgio Chiellini, ha scelto la modalità-rimessa laterale, con i compagni pronti a pressare alto (e i dirimpettai non proprio soddisfatti del baratto risarcitorio).Non ci sarà Var che tenga, in questi frangenti e per questi argomenti. Sarà l’arbitro a fischiare o lasciare che fischino i duellanti. Più di soccorrere il Dorando Pietri di turno non si può. E più di adeguare l’orologio alle barelle o alle gherminelle, nemmeno.Siamo riusciti a trasformare persino la cavalleria in un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Modestamente.
La Rovesciata di Roberto Beccantini (La Gazzetta dello Sport di giovedì 13 aprile 2017)

L'articolo ti è piaciuto?
Condividilo sui social!

Facebook
Twitter
LinkedIn
Pinterest
In evidenza

Articoli recenti