Gli italiani non hanno mai fatto tanto sport come nel 2018. Il dato, anticipato orgogliosamente nei giorni scorsi dal presidente del Coni Giovanni Malagò, è certificato dal sito dell’Istat. Sommando i praticanti «continuativi» (25,7%) e quelli «saltuari» (9,6) si raggiunge quota 35,3 per cento, 1,4 più del 2017, l’anno che aveva fatto registrare una leggera contrazione, e 0,5 meglio del 2016, la stagione del precedente primato. Un dato importante. Che naturalmente si riflette sul tasso di sedentarietà, che scende dal 38,1 al 35,9. Mentre la risposta «pratico soltanto qualche attività fisica» va avanti dello 0,9, arrivando al 28,5 per cento. Comunque è fra gli sportivi dichiarati che si raggiunge l’impennata. Negli ultimi cinque anni siamo andati avanti di quasi cinque punti(4,7) in percentuale, che in numeri assoluti significano almeno due milioni e mezzo di persone in più. Oggi gli italiani che praticano lo sport sono 20.738.000, rispetto a un anno fa 758.000 in più. Studenti in fuga
In ogni caso nella pancia dei segni più raccolti dall’Istat su scala nazionale, ci sono anche dei numeri meno entusiasmanti. Che sono soprattutto quelli dai 15 ai 19 anni, in pratica il passaggio dalla scuola media alle superiori segnala un allarme. Le cifre più preoccupanti sono quelle dei praticanti «continuativi»: dalla fascia 11-14 anni a quella 15-17 si scende dal 61,5 al 50,5, mentre nei primi due anni della maggiore età la picchiata ci porta al 39,5. Dura conciliare amici, studio e attività sportiva? O la concorrenza di pc e smartphone? Vanno alla grande, invece, i piccolissimi dai 3 ai 5 anni. Si comincia a fare sport molto presto. Questi dati, va precisato, non comprendono l’attività scolastica, che fa storia a sé. E qui, lo sappiamo, c’è poco da stare allegri. Sud staccato
C’è poi la geografia di questi numeri. E qui va in onda la storica frattura del Paese. Il 51,7 (anche qui «continuativi» più «saltuari») degli abitanti del Trentino Alto Adige (sopra il 40 per cento ci sono anche Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Friuli Venezia Giulia) pratica sport, mentre lo fa solo il 22,2 per cento dei campani, il 24,5 dei siciliani e il 25 dei calabresi. Nel Nord Est siamo al 43,6, nel Sud ci fermiamo al 26,3. Nella classifica della sedentarietà colpo grosso del Piemonte, che scende dal 34 al 27,4, la migliore performance dell’anno. Stessa distanza
Resta invece sostanzialmente stazionaria la differenza uomini-donne. Il distacco è di 12 punti: 41,3 contro 29,3. La pratica maschile aumenta soprattutto sul fronte «continuativo», le donne avanzano nell’approccio «saltuario» allo sport. Se proviamo a fare un salto all’indietro di 10 anni ci accorgiamo che la forbice è rimasta sempre uguale. Nel frattempo, per citare l’esempio più clamoroso, in Olanda le donne sportive hanno superato gli uomini. Modello Australia
Questi dati registrati per l’Italia rendono ancora più cruciali le responsabilità che sono davanti al nuovo sistema disegnato dalla recente riforma governativa con la nascita di Sport e Salute. Con i numeri complessivi siamo andati avanti anche se il nostro distacco dai Paesi leader è tutt’altro che colmato (guidano i Paesi scandinavi, ma i rilevamenti europei spesso non distinguono sport e semplice attività fisica). I segmenti anagrafici in cui arranchiamo sono quelli intorno ai 18 anni, mentre nella terza età, orizzonte di riferimento fondamentale per Paesi che registrano un progressivo invecchiamento della popolazione, aumentano soprattutto i settantenni. L’Australia – un modello citato dal sottosegretario Giorgetti come fonte di ispirazione per la riforma – ha lanciato una serie di campagne per gli over 65. Il programma Sport 2030 si è proposto in 12 anni di far diminuire l’inattività fisica della popolazione del 15 per cento: un obiettivo ambizioso. Quali strade percorreremo per provarci anche noi?
Valerio Piccioni – La Gazzetta dello Sport (giovedì, 30 maggio 2019)