“In questi tempi di quarantena lontani dal tatami, e non si sa per quanto tempo ancora, non ci resta che riflettere, a tale proposito volevo inviarti uno scritto sul judo”. Con queste parole Giuseppe Piazza, un Maestro di judo in un club a Milano che persegue sport, educazione e cultura come mission, ha anticipato la riflessione che segue. Una riflessione che vale la pena d’essere letta, riletta e poi letta ancora una volta, che con il tempo saprà regalere sempre qualcosa in più.
Al Maestro Piazza il nostro ‘Grazie‘ sincero
Per comprendere la pratica del Judo, è utile ricordare che quest’arte nasce nel contesto del “Bugei” un termine per indicare le arti marziali giapponesi; grande attenzione è riservata al controllo della propria coscienza, condizione che può essere ottenuta attraverso quella dimensione “Keiko” duro allenamento, dalla meditazione, controllo del respiro e gestione delle emozioni, per immergersi senza riserve allo studio della disciplina.
Era consuetudine fermarsi a meditare per alcuni minuti prima della pratica del judo, sentire il ritmo del respiro, abbandonare i pensieri all’ingresso del dojo con gli zori, ponendo l’allievo in una dimensione di attenzione, in sintonia con l’esperienza tramandata.
In oriente molta attenzione è posta sul respiro, nello Zen, nella pratica cinese del Chi Kung, così come nello Yoga, il controllo dell’energia avviene tramite movimenti lenti e concentrati sulla respirazione.
Il rapporto della respirazione con l’energia deve intendersi come “energia vitale”, una forza certamente, ma più che fisica si esprime con la calma psichica, con la imperturbabilità della mente, in relazione con l’universo circostante, tale da manifestarsi in una vera forza fisica.
Il legame tra il “ki” e la respirazione è quindi molto stretto, non solo perché respirare con consapevolezza vuol dire unificare il corpo e mente, ma anche perché consente di controllare le energie emozionali, liberandosi della preoccupazione dell’avversario, tanto che “tenere la mente libera” era un concetto base dell’allenamento spirituale dei samurai più “evoluti”.
L’attenzione posta sulla respirazione – ascoltandone il ritmo, regolandone la durata e le fasi di inspirazione e di espirazione, prolungando quest’ultima se necessario, senza farsi condizionare dagli stimoli esterni, assumendo una corretta postura, focalizzandosi sul diaframma per rinforzare il “tanden” (punto posto sotto l’ombelico) – consente di mantenere flessibilità e prontezza fisica.
Il Kime-no-Kata offre un efficace esercizio fisico e mentale. Per cogliere il messaggio del kata, visto che parliamo di tecniche prestabilite, queste devono essere eseguite con sincerità, con la mente libera, i due esecutori, uke e tori, si uniscono nello stato di corretta attenzione. Le venti tecniche, di cui otto Idori in ginocchio a breve distanza, e 12 in tachi-ai, posizione eretta a lunga distanza, offrono una ampia applicazione e di verifica di Kokyu, la respirazione, Ki, uso dell’energia, Kiai, la manifestazione dell’energia e Kime, la decisione. Lo studio della respirazione, per quanto esposto, consente una maggiore efficacia nell’azione, è il controllo del proprio equilibrio fisico e psichico, con il raggiungimento di uno stato di quiete di fronte all’imminente pericolo.
Quanto esposto si colloca nell’esperienza che ci viene dal passato, prendersi cura di se stessi, e non solo da un punto di vista fisico, possiamo dire dell’igiene mentale e culturale, tutti aspetti che arricchiscono il praticante che decide di seguire questa avventura, attualmente il percorso indicato non trova riscontro nel judo inteso prevalentemente come sport.
Nelle ricerche scientifiche degli ultimi decenni, le importanti scoperte sul funzionamento del cervello, su come funziona la mente, come interferisce la respirazione, trovare una migliore stabilità fisica e mentale lo stato che chiamiamo di serenità, passano dal controllo della respirazione già ampiamente sperimentata nelle pratiche di meditazione. La connessione tra respirazione, meditazione e concentrazione, la possiamo ritrovare nei Kata e in generale nella pratica del judo, compreso nello “shiai”: tutto dipende dalle finalità, sta a noi scegliere.
(…) “Recentemente la meditazione è diventata oggetto di studio della psicologia e delle neuroscienze per diverse ragioni. Innanzitutto, la meditazione rappresenta un esempio di pratica che conduce a stati di coscienza alterati che sono risultati essere utili nella ricerca in diversi settori delle neuroscienze (Lutz et al., 2007). Inoltre da circa trent’anni ha cominciato a diffondersi nel mondo della psicologia il costrutto di mindfulness, cioè pienezza mentale e consapevolezza del momento presente, che prende origine dalla tradizione buddhista. Utilizzando tale costrutto sono stati creati modelli d’intervento, focalizzati su diverse psicopatologie, che utilizzano pratiche meditative con l’obiettivo di ridurre sintomi psicopatologi e migliorare la qualità della vita (Bear, 2006).” (…)
Possiamo dire che gli attuali studi ci forniscono una base scientifica per poter affermare e approfondire il legame tra respiro e energia, da sempre accettato e condiviso nella cultura orientale.
Giuseppe Piazza
Dal Kata alla Meditazione: un percorso nel judo tradizionale
Kokyu: respirazione
Ki: energia
Kiai: manifestazione dell’energia
Kime: decisione