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Winter Camp Day 4 ed i dettagli di Marco Caudana

Sguardo aperto e vivace, da studente attento, Marco Caudana colpisce sempre per umiltà e semplicità con cui affronta il tatami. Lo abbiamo ritrovato al Winter Camp 2023, docente di questa edizione, nella quale ha portato con sé la sua consueta cura sui dettagli, l’attenzione alle esigenze altrui, la voglia di trasmettere, ma anche di imparare come il più attento dei discenti.

Maestro Caudana, com’è andata questa edizione del Winter Camp?

Benissimo! Devo dire sempre bello. Quest’anno ho collaborato di più anche nello sviluppo delle lezioni, quindi mi son sentito ancor più partecipe, perché ho collaborato non soltanto nella fase tecnica, ma anche in quella coordinativa, a stretto contatto con gli altri istruttori con più esperienza di camp. È stato bello avere feedback positivi da parte di tutti i ragazzi ed è stato un rientro entusiasmante.

Sono anni che partecipi al Winter Camp: come fai a non ripeterti?

Questa è un po’ una peculiarità personale. Penso che l’obiettivo sia sempre quello di far vedere il judo e non il proprio judo o una cosa personale. L’idea è proprio che il judo è tecnica e attraverso la tecnica posso ambire a fare un gesto particolare. Ogni volta parto da un’idea di tecnica, ma attraverso un concetto, sviluppandone una parte e cercando di dare ai ragazzi qualcosa di nuovo da cui prendere spunto.
Come faccio sinceramente non lo so… sicuramente studiando, formandomi, imparando anche io, andando a dei camp non da docente ma da atleta.

Ti prepari prima o ti lasci ispirare dal momento?

No, mi preparo sempre prima gli allenamenti con un’idea di massima, un concetto fondamentale. Non parto pensando “farò questa tecnica in questo modo”, ma parto dal concetto e poi, in base anche al parterre, lo sviluppo insieme a loro.

Qual era il concetto di quest’anno?

Ho sviluppato una tecnica in particolare, o soto gari in base alle diverse fasce d’età. Ma il concetto è stato sempre il medesimo, da esordienti a cadetti: siamo partiti dalla base e ci abbiamo costruito sopra qualcosa di diverso.

A volte o soto gari viene percepita come una tecnica molto basica, che sanno fare un po’ tutti, mentre, in realtà è più complessa di quanto appaia.

Infatti è stato molto interessante vedere l’approccio che, a volte, è stato non dico di sufficienza, però c’è ancora poca voglia di scoperta e quindi si parte dal presupposto che “la so fare!” e continuo in quella direzione lì. Invece, secondo me, bisognerebbe tutti fare un passo indietro e ritornare alla base. Capire ogni volta un piccolo particolare: da dove posso mettere il peso all’idea di equilibrio e quindi, sulla base di questo, ogni volta migliorare quel gesto tecnico.

La risposta c’è stata?

Sì, la risposta c’è stata: all’inizio, ripeto, tutti sono partiti con un po’ di sufficienza, perché è una tecnica super conosciuta, ma poi, nello sviluppo della lezione, è stato interessante vedere proprio la progressione e il miglioramento di chi la eseguiva, quindi di questo sono stato soddisfatto. Poi bisognerebbe chiedere a loro per avere un feedback da parte loro.

Qual è la fascia con cui ti trovi più a tuo agio?

Sicuramente le fasce preagonistiche e gli under 15, massimo under 18 sono quelle con cui mi sento più a mio agio, perché comunque parto da un’idea di sviluppare un concetto. Non mi sento di dare una soluzione per vincere un incontro; mi sento di dare un concetto su cui poter sviluppare il proprio judo. Questa è la cosa che più mi affascina, non la medaglia.

Sei uno dei coach che più seguiva anche le lezioni degli altri. Ti senti ancora in qualche modo studente, anche se tecnico?

Sì, assolutamente. Vengo non per insegnare, ma vengo sempre per imparare. Quindi, quando vengo invitato, non la prendo mai come una forma prettamente di docenza, ma la prendo come un’opportunità per vedere gli altri. Infatti mi sono prestato anche a fare da uke per capire proprio la sensazione anche di chi spiega: come vuole spiegare… guardando soltanto non ottieni quel feedback. Subirla mi dà più possibilità di capire la sua idea di judo. E quindi mi piace poi portarmi a casa idee nuove, studiarmele, pensarci, ma anche prendere semplicemente il contatto e chiedere il motivo per cui la fa in questo modo.

Proprio in quella lezione, quando alle ragazze è stato chiesto se avevano domande, erano restie a chiedere. Secondo te si tratta di timidezza o disinteresse?

Penso che ci sia una sorta di timidezza di fondo, ma anche poca volontà di mettersi a nudo. Tante volte mettere in campo le proprie debolezze è un po’ un sintomo di sconfitta per molti. Io invece, durante le lezioni, cerco sempre di far vedere chi è meglio di me, quindi di riconoscere i propri limiti e parlarne. Penso che con qualche ragazza o qualche ragazzo ci sia stata questa opportunità: ho avuto qualche confronto sulla tecnica che ho spiegato ed è stato bello. Penso che siamo tutti sulla strada giusta. Quando ci sarà totale collaborazione tra tutti, allora avremo vinto.

Che cosa ti porti nel profondo a casa di quest’edizione del Winter Camp?

Come sempre mi porto un po’ di allegria e un po’ di malinconia, perché tante volte vedi questi ragazzi che forse avrebbero potuto dare di più o capire qualcosa di più dell’aspetto tecnico e mi chiedo tante volte se io gli abbia potuto dare tutto quello che gli serviva per riuscire a migliorare. Non spiego per farmi vedere, ma perché ho necessità che gli altri imparino qualcosa. E mentre insegno, imparo anche io, allo stesso tempo.

Quest’anno abbiamo visto varie eccellenze al Winter Camp, dal Maestro Go Tsunoda alla presenza inedita di Almudena Lopez, oltre a tutti gli altri tecnici che hanno insegnato qui (Quintavalle, Marconcini, Tavoletta, Regis). Che tecnico vorresti un prossimo anno?

Ovviamente vedere una figura come Go Tsunoda è sempre un piacere per gli occhi, per le sue movenze, per il suo carisma… conoscere una persona come Almudena Lopez è stato fantastico, soprattutto per la parte umana che ha trasmesso. A volte non è stata capita, se posso permettermi, però ha molto da dare, ma necessita più tempo per farsi scoprire dalle persone. Un tecnico che vorrei vedere è difficile a dirsi, però vorrei vedere un tecnico che insegni dei concetti, che possa portare una miglioria per il judo, non uno show. Quindi mi piacerebbe scoprire, in questo momento – è la domanda che faccio più spesso a tutti – nomi di tecnici che insegnano ai pre agonisti in Italia e si fa fatica a contarli e a trovarli. Vorrei trovare delle persone che abbiano studiato e che siano competenti in questa materia e che abbiano l’umiltà di insegnare col sorriso. A oggi un nome non lo so fare, perché penso che ogni persona che venga a insegnare, indipendentemente dal nome, abbia qualcosa da insegnare e da trasmettere.

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